SCENA DICIANNOVESIMA

Don Filiberto e detti.

FIL. Eccellenza, se io ho tenuto in casa per quattro mesi quel forestiere, l’ho fatto non conoscendolo; ma s’egli è in disgrazia vostra, se ha qualche malanno addosso, io non ne so nulla; e subito che da questi signori mi è stato dato qualche motivo, non ho tardato un momento a licenziarlo di casa.

VIC. Ho inteso. E in ricompensa d’averlo voi licenziato il signor Guglielmo vi ha ottenuto la grazia di essere voi preferito in un impiego novello.

FIL. A me? (al Vicerè)

VIC. Sì, a voi.

FIL. A me? (a Guglielmo)

GUGL. Sì signore, a voi, per gratitudine di avermi per quattro mesi tenuto in casa.

FIL. Oh! siete un gran galantuomo! Signore, quando si principia la carica? (al Vicerè)

VIC. Vi è tempo. Ha da ritornare il rescritto di Sua Maestà. Ne sarete avvisato. Che dice il signor conte Portici?

CO. PORT. Dico che il signor Guglielmo è un uomo di merito, e che per coronare la sua fortuna non manca altro se non che donna Livia lo sposi. (con ironia)

GUGL. (Oh, dicesse la verità! Ma sarà difficile. L’impegno con Eleonora mi fa disperare affatto questa fortuna). (da sé)

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