Il marchese D’osimo , il conte di Brano e detti.
GUGL. Eccellenza, io sto cheto per rispetto di lei.
VIC. Conte, voi vi riscaldate soverchiamente: e voi conte di Brano, che avete a dirmi contro di questo giovane?
CO. BRA. Dico, Eccellenza, che da lui riconosco la vita. Sopraffatto da una eccessiva collera, fui da esso avvisato che mi sovrastava la morte. Mi suggerì il rimedio, corsi alla spezieria e fui costretto a cadere. Presi il rimedio da lui suggeritomi, e sono quasi rimesso. Egli in Gaeta ha fatto il medico: l’ho creduto un impostore; ma ora dico esser uomo di garbo, il quale, oltre le altre virtù, ha quella di esser un perfetto fisonomista.
CO. PORT. Un accidente non lo può autenticare per un uomo di vaglia.
CO. BRA. E non abbiamo prova in contrario per crederlo un impostore.
GUGL. (Eppure è la verità. La paura l’ha fatto quasi crepare). (da sé)
VIC. E voi, signor Marchese, che dite di questo forestiere?
MAR. Sono disgustato con lui; l’ho pregato di venire in casa mia, e non è venuto.
GUGL. Il luogo dove ella mi trova, mi giustifica bastantemente.
MAR. Sappiate, signor Guglielmo, (con permissione di Sua Eccellenza) che ho comunicato la vostra idea ad altri avvocati, e tutti l’applaudiscono; e condannano, come voi faceste, la direzione tenuta da’ miei difensori. Anzi penso di domandare la revisione, e voi sarete il principal direttore.
GUGL. Grazie dell’onore ch’ella si degna di farmi.
VIC. Signor Conte, che dite voi? (al conte Portici)
CO. PORT. Dico ch’egli ha incantato tutti. Ecco don Filiberto; chieda a lui l’Eccellenza Vostra perché l’ha discacciato di casa sua.