Scena ultima

Il Marchese ed i suddetti.

MAR. No, signora, non prestate fede al tenente. Egli è amico del marchese Leonardo quant'io lo sono, e il troppo affetto lo fa trascendere sino a tradire la verità.

TEN. E avrete voi il coraggio di farmi comparire un bugiardo? (al Marchese)

MAR. La sincerità mi costringe.

TEN. Signora, non gli credete. Io conosco il marchese Leonardo perfettamente.

MAR. Signora, assicuratevi ch'io lo conosco meglio di lui.

BAR. Ecco, signora Contessa, ecco vicina per causa vostra una nuova disfida.

MAR. No, signore, non dubitate; per ciò non ci batteremo. Dica ciò che vuole il tenente, dirò anch'io che il Marchese è un uomo d'onore, ma è necessario altresì ch'io prevenga questa virtuosa damina, esser egli soggetto ai trasporti dell'ira, ed agli incomodi della gelosia. Se non è ella disposta a tollerarlo coi suoi difetti, torni pure a Milano, ponga in calma il suo spirito, non tema dell'insistenza del cavaliere. Prometto io per esso, che sarà posta dal canto suo in intierissima libertà.

CON. Potete voi compromettervi della volontà del Marchese?

MAR. Non ardirei di così parlare, s'io non ne fossi sicuro.

BEAT. Scusatemi, signor capitano. Ho qualche ragione di sospettare della vostra sincerità.

BAR. Eh via, signora Contessa, fidatevi dell'onestà di un uffiziale d'onore. Ei vi assicura, che il marchese Leonardo non è per voi.

MAR. Signore, di un'altra cosa assicuro la signora Contessa: che il Marchese non ardirà per questo di rimproverar lei, né suo padre; ma farà con voi a suo tempo quei risentimenti, che son dovuti alle vostre male intenzioni.

BAR. Spero che il marchese Leonardo sarà più ragionevole che voi non siete.

BEAT. Tronchinsi omai questi importuni ragionamenti. Signor padre, andiamo, se vi contentate, andiamo tosto a Torino.

MAR. Risparmiate l'incomodo. Io non vi consiglio di andarvi.

BEAT. E per qual ragione, signore?

MAR. Perché il marchese Leonardo non vi piacerà.

BEAT. Voi non potete di ciò assicurarvi.

MAR. Ne sono certissimo.

BEAT. E con qual fondamento?

MAR. Con quello delle vostre parole.

BEAT. Può essere che nel trattarlo lo trovi più amabile di quello che voi me lo dipingete.

TEN. Assicuratevi, che ne resterete contenta. (alla Contessa)

MAR. Non è possibile.

CON. Signore, voi fate sospettare di aver concepito qualche disegno sopra la mia figliuola, e che cerchiate distorla dal primo impegno.

BAR. Non sarebbe fuor di proposito, che vi fosse sotto qualche impostura.

MAR. Mi maraviglio di voi. Sono un uomo d'onore, e per convincervi quanti siete, ecco mi levo la maschera. Io sono il marchese Leonardo.

BEAT. (Oh cieli! Qual sorpresa è mai questa?)

BAR. (Ah, temo che sian perdute le mie speranze).

CON. Signore, che mai vi ha obbligato a celarvi, a fingere, ed a sorprenderci in sì strano modo?

MAR. Il desiderio di vedere la sposa mi ha fatto anticipare il viaggio mio per Milano, e il caso ci ha fatti essere insieme ad un'Osteria della Posta. La sincerità della contessina Beatrice mi ha palesato l'animo suo, la mia candidezza mi ha obbligato ad informarla del mio carattere. Conosco ch'ella non è persuasa del mio sistema, che insopportabili le riuscirebbero i miei difetti, e che agli occhi suoi oggetto poco caro è la mia persona. Tradirei me stesso, se usar tentassi una violenza al di lei bel cuore. Ella è amabile, ella è virtuosa e gentile, ma il cielo non l'ha destinata per me.

BEAT. Ah signore, permettetemi ch'io vi dica, che non mi dispiace l'aspetto vostro, e ch'io sono incantata della vostra virtù. Come? Evvi al mondo un animo sì generoso, che per l'amore della verità non teme di screditar se medesimo in faccia di persona ch'egli ama? Voi possedete un sì bel cuore, una sì perfetta sincerità, e temerete ch'io non vi stimi, ch'io non vi rispetti, ch'io non vi adori? Siate pur collerico, con sì saggi principii non potrete esserlo che con ragione. Siate pur geloso, non lo sarete mai senza fondamento. Siate invaghito della società, degli studi, saranno sempre lodevoli le vostre applicazioni, le vostre amicizie. Toccherà a me ad evitare i motivi dei vostri sospetti, delle vostre inquietudini, ed a far sì che fra i piaceri vostri non abbia l'ultimo luogo una sposa tenera e rispettata. Compatite le mie apprensioni, scusate la soverchia delicatezza del modo mio di pensare. Assicuratevi che mi siete caro, che vi amerò sempre, e che il cielo mi ha destinata per voi.

MAR. Ah, se tutto è vero quel che voi dite, io sono il più felice di questa terra.

CON. Amico, voi avete avuto campo di conoscere il carattere di mia figliuola. Ella non è capace di mentire, e di tradir se medesima per un capriccio.

TEN. Beato il mondo, se di tai donne sincere se ne trovasse non dirò in gran copia, ma almeno il quattro o il cinque per cento.

CON. Andiamo, signor Marchese, se vi contentate, andiamo tutti a Milano. Colà, secondo il nostro primo concerto, si concluderanno le nozze.

MAR. Andiamo pure, se così piace alla mia adorabile Contessina.

BEAT. Guidatemi pure dove vi aggrada. Son col mio caro padre, son col mio caro sposo, non posso essere più contenta.

TEN. Sì, andiamo, signori: ma con loro buona licenza, diamo prima una buona mangiata, e facciamo onore al prezioso vino di Monferrato.

BAR. Confesso che io non merito il piacere di essere della partita, ma vi prego di credermi vostro amico, e assai pentito d'avervi dato qualche motivo di dispiacere Assicuratevi, signor Marchese...

MAR. Non più, signore; accetto per vere le vostre giustificazioni, e per disingannar la mia sposa ch'io sia soverchiamente collerico, o pazzamente geloso, vi supplico di restar a pranzo con noi, e di favorirci nel viaggio. Oh viaggio per me felice! Oh fortunata Osteria della Posta! Fortunatissima sempre più, s'ella fia degna della grazia e del compatimento di chi ci ascolta.

Fine della Commedia

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