Scena ottava

Pandolfo dalla bottega del giuoco e detti.

PANDOLFO Signor Eugenio, una parola. (lo tira in disparte)

EUGENIO So quel che volete dirmi. Ho perso trenta zecchini sulla parola. Son, galantuomo, li pagherò.

PANDOLFO Ma il signor Conte è là, che aspetta. Dice che ha esposto al pericolo i suoi denari, e vuol essere pagato.

DON MARZIO (Quanto pagherei a sentire che cosa dicono.) (da sé)

RIDOLFO (ad Eugenio) Ecco il caffè.

EUGENIO (a Ridolfo) Andate via. (a Pandolfo) Ha vinti cento zecchini in contanti; mi pare che non abbia gettata via la notte.

PANDOLFO Queste non sono parole da giuocatore; V. S. sa meglio di me come va l'ordine in materia di giuoco.

RIDOLFO (ad Eugenio) Signore, il caffè si raffredda.

EUGENIO (a Ridolfo) Lasciatemi stare.

RIDOLFO Se non lo voleva...

EUGENIO Andate via.

RIDOLFO Lo beverò io (si ritira col caffè)

DON MARZIO (a Ridolfo, che non gli risponde) (Che cosa dicono?)

EUGENIO (a Pandolfo) So ancor io, che quando si perde, si paga ma quando non ve n'è, non si può pagare.

PANDOLFO Sentite, per salvare la vostra riputazione, son uomo capace di ritrovare trenta zecchini.

EUGENIO Oh bravo! (chiama forte) Caffè!

RIDOLFO (ad Eugenio) Ora bisogna farlo.

EUGENIO Sono tre ore che domando caffè, e ancora non l'avete fatto?

RIDOLFO L'ho portato, ed ella mi ha cacciato via.

PANDOLFO Gliel'ordini con premura, che lo farà da suo pari.

EUGENIO (a Ridolfo) Ditemi, vi dà l'animo di darmi un caffè ma buono? Via, da bravo.

RIDOLFO Quando mi dia tempo, la servo. (va in bottega)

DON MARZIO (da sé) (Qualche grand'affare. Sono curioso di saperlo.)

EUGENIO Animo, Pandolfo, trovatemi questi trenta zecchini.

PANDOLFO Io ho un amico, che gli darà; ma pegno, e regalo.

EUGENIO Non mi parlate di pegno, che non facciamo niente. Ho que' panni a Rialto, che voi sapete; obbligherò que' panni, e quando li venderò pagherò

DON MARZIO (da sé) (Pagherò. Ha detto pagherò. Ha perso sulla parola.)

PANDOLFO Bene: che cosa vuol dar di regalo?

EUGENIO Fate voi quel che credete a proposito.

PANDOLFO Senta; non vi vorrà meno di un zecchino alla settimana.

EUGENIO Un zecchino di usura alla settimana?

RIDOLFO (col caffè, ad Eugenio) Servita del caffè.

EUGENIO (a Ridolfo) Andate via.

RIDOLFO La seconda di cambio.

EUGENIO (a Pandolfo) Un zecchino alla settimana?

PANDOLFO Per trenta zecchini è una cosa discreta.

RIDOLFO (ad Eugenio) Lo vuole, o non lo vuole?

EUGENIO (a Ridolfo) Andate via, che ve lo getto in faccia.

RIDOLFO (da sè) (Poveraccio! Il giuoco l'ha ubbriacato.) (porta il caffè in bottega)

DON MARZIO (s'alza, e va vicino ad Eugenio) Signor Eugenio, vi è qualche differenza? Volete che l'aggiusti io?

EUGENIO Niente, signor Don Marzio: la prego lasciarmi stare.

DON MARZIO Se avete bisogno, comandate.

EUGENIO Le dico che non mi occorre niente.

DON MARZIO Messer Pandolfo, che avete voi col signor Eugenio?

PANDOLFO Un piccolo affare, che non abbiamo piacere di far sapere a tutto il mondo.

DON MARZIO Io sono amico del signor Eugenio, so tutti i fatti suoi, e sa che non parlo con nessuno. Gli ho prestati anche dieci zecchini sopra un paio d'orecchini; non è egli vero? e non l'ho detto a nessuno.

EUGENIO Si poteva anche risparmiare di dirlo adesso.

DON MARZIO Eh, qui con messer Pandolfo si può parlate con libertà. Avete perso sulla parola? Avete bisogno di nulla? Son qui.

EUGENIO Per dirgliela, ho perso sulla parola trenta zecchini.

DON MARZIO Trenta zecchini, e dieci, che ve ne ho dati, sono quaranta, gli orecchini non possono valer tanto.

PANDOLFO Trenta zecchini glieli troverò io.

DON MARZIO Bravo; trovateneglie quaranta; mi darete i miei dieci, e vi darò i suoi orecchini.

EUGENIO (da sè) (Maledetto sia quando mi sono impicciato con costui.)

DON MARZIO (ad Eugenio) Perché non prendere il danaro che vi offerisce il signor Pandolfo?

EUGENIO Perché vuole un zecchino alla settimana.

PANDOLFO Io per me non voglio niente; è l'amico che fa il servizio, che vuole così.

EUGENIO Fate una cosa: parlate col signor Conte, ditegli che mi dia tempo ventiquattr'ore; son galantuomo, lo pagherò.

PANDOLFO Ho paura ch'egli abbia da andar via, e che voglia il danaro subito.

EUGENIO Se potessi vendere una pezza o due di que' panni, mi spiccerei.

PANDOLFO Vuole che veda io di ritrovare il compratore?

EUGENIO Sì, caro amico, fatemi il piacere, che vi pagherò la vostra sensaria.

PANDOLFO Lasci che io dica una parola al signor Conte, e vado subito. (entra nella bottega del giuoco)

DON MARZIO (ad Eugenio) Avete perso molto?

EUGENIO Cento zecchini, che aveva riscossi ieri, e poi trenta sulla parola.

DON MARZIO Potevate portarmi i dieci, che vi ho prestati.

EUGENIO Via, non mi mortificate più; ve li darò i vostri dieci zecchini.

PANDOLFO (col tabarro e Cappello, dalla sua bottega). Il signor Conte si è addormentato colla testa sul tavolino. Intanto vado a veder di far quel servizio. Se si risveglia, ho lasciato l'ordine al giovane, che gli dica il bisogno. V.S. non si parta di qui.

EUGENIO Vi aspetto in questo luogo medesimo.

PANDOLFO Questo tabarro è vecchio; ora è tempo di farmene uno nuovo a ufo. (da sè, parte)

Share on Twitter Share on Facebook