Scena terza

Conte Leandro di casa di Lisaura ed Eugenio.

LEANDRO Signor Eugenio, questi sono i vostri denari; eccoli qui tutti in questa borsa; se volete che ve gli renda, andiamo.

EUGENIO Son troppo sfortunato, non giuoco più.

LEANDRO Dice il proverbio: una volta corre il cane, e l'altra la lepre.

EUGENIO Ma io sono sempre la lepre, e voi sempre il cane.

LEANDRO Ho un sonno che non ci vedo. Son sicuro di non poter tenere le carte in mano; eppure per questo maledetto vizio non m'importa di perdere, purché giuochi.

EUGENIO Anch'io ho sonno. Oggi non giuoco certo.

LEANDRO Se non avete denari, non importa, io vi credo.

EUGENIO Credete, che sia senza denari? Questi sono zecchini; ma non voglio giuocare. (mostra la borsa con i dieci zecchini)

LEANDRO Giuochiamo almeno una cioccolata.

EUGENIO Non ne ho volontà.

LEANDRO Una cioccolata per servizio.

EUGENIO Ma se vi dico...

LEANDRO Una cioccolata sola sola, e chi parla di giuocar di più perda un ducato.

EUGENIO Via, per una cioccolata, andiamo. (da sé) (Già. Ridolfo non mi vede.)

LEANDRO (Il merlotto è nella rete.) (entra con Eugenio nella bottega del giuoco)

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