Scena seconda

Ridolfo, ed Eugenio.

EUGENIO Ebbene, amico Ridolfo, avete fatto niente?

RIDOLFO Ho fatto qualche cosa.

EUGENIO So che avete avute le due pezze di panno, il giovane me lo ha detto. Le avete esitate?

RIDOLFO Le ho esitate.

EUGENIO A quanto?

RIDOLFO A tredici lire il braccio.

EUGENIO Mi contento: danari subito?

RIDOLFO Parte alla mano, e parte col respiro.

EUGENIO Oimè! Quanto alla mano?

RIDOLFO Quaranta zecchini.

EUGENIO Via non vi è male. Datemeli, che vengono a tempo.

RIDOLFO Ma piano, signor Eugenio: V. S. sa pure che le ho prestati trenta zecchini.

EUGENIO Bene, vi pagherete quando verrà il restante del panno.

RIDOLFO Questo, la mi perdoni, non è un sentimento onesto da par suo. Ella sa come l'ho servita, con prontezza, spontaneamente, senza interesse, e la mi vuol far aspettare? Anch'io, o signore, ho bisogno del mio.

EUGENIO Via, avete ragione. Compatitemi, avete ragione. Tenete li trenta zecchini, e date quei dieci a me.

RIDOLFO Con questi dieci zecchini non vuol pagare il signor Don Marzio? Non si vuol levar d'intorno codesto diavolo tormentatore?

EUGENIO Ha il pegno in mano, aspetterà.

RIDOLFO Così poco stima V. S. la sua riputazione? Si vuol lasciar malmenare dalla lingua d'un chiacchierone? Da uno che fa servizio a posta per vantarsi d'averlo fatto, e che non ha altro piacere, che mettere in discredito i galantuomini?

EUGENIO Dite bene, bisogna pagarlo. Ma ho io da restar senza danari? Quanto respiro avete accordato al compratore?

RIDOLFO Di quanto avrebbe bisogno?

EUGENIO Che so io? Dieci, o dodici zecchini.

RIDOLFO Servita subito; questi sono dieci zecchini, e quando viene il signor Don Marzio, io ricupererò gli orecchini.

EUGENIO Questi dieci zecchini che mi date, di qual ragione s'intende che sieno?

RIDOLFO Gli tenga, e non pensi altro. A suo tempo conteggeremo.

EUGENIO Ma quando tireremo il resto del panno?

RIDOLFO La non ci pensi. Spenda quelli, e poi qualche cosa sarà; ma badi bene di spenderli a dovere, di non gettarli.

EUGENIO Sì, amico, vi sono obbligato. Ricordatevi nel conto del panno tenervi la vostra senseria.

RIDOLFO Mi maraviglio; fo il caffettiere, e non fo il sensale. Se m'incomodo per un padrone, per un amico, non pretendo di farlo per interesse. Ogni uomo è in obbligo di aiutare l'altro quando può, ed io principalmente ho obbligo di farlo con V. S. per gratitudine del bene che ho ricevuto dal suo signor padre. Mi chiamerò bastantemente ricompensato, se di questi danari, che onoratamente le ho procurati, se ne servirà per profitto della sua casa, per risarcire il suo decoro e la sua estimazione.

EUGENIO Voi siete un uomo molto proprio e civile; è peccato che facciate questo mestiere; meritereste miglior stato e fortuna maggiore.

RIDOLFO Io mi contento di quello che il cielo mi concede, e non iscambierei il mio stato con tanti altri, che hanno più apparenza e meno sostanza. A me nel mio grado non manca niente. Fo un mestiere onorato, un mestiere nell'ordine degli artigiani pulito, decoroso e civile. Un mestiere che, esercitato con buona maniera e con riputazione, si rende grato a tutti gli ordini delle persone. Un mestiere reso necessario al decoro delle città, alla salute degli uomini e all'onesto divertimento di chi ha bisogno di respirare. (entra in bottega)

EUGENIO Costui è un uomo di garbo; non vorrei però che qualcheduno dicesse che è troppo dottore. Infatti per un caffettiere pare che dica troppo; ma in tutte le professioni ci sono degli uomini di talento e di probità. Finalmente non parla nè di filosofia, nè di matematica: parla da uomo di buon giudizio; e volesse il cielo che io ne avessi tanto, quanto egli ne ha.

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