Scena quarta

Ridolfo ed Eugenio e detta.

RIDOLFO Eh via, cosa sono queste difficoltà? Siamo tutti uomini, tutti soggetti ad errare. Quando l'uomo si pente, la virtù del pentimento cancella tutti il demerito dei mancamenti.

EUGENIO Tutto va bene, ma mia moglie non mi crederà più.

RIDOLFO Venga con me; lasci parlare a me. La signora Vittoria le vuol bene; tutto si aggiusterà.

PLACIDA Signor Eugenio?

RIDOLFO Il signor Eugenio si contenti di lasciarlo stare. Ha altro che fare, che badare a lei.

PLACIDA Io non pretendo di sviarli da' suoi interessi. Mi raccomando a tutti nello stato miserabile in cui mi ritrovo.

EUGENIO Credetemi, Ridolfo, che questa povera donna merita compassione; è onestissima, e suo marito è un briccone.

PLACIDA Egli mi ha abbandonata in Torino. Lo ritrovo in Venezia, tenta uccidermi, ed ora è sulle mosse per fuggirmi nuovamente di mano.

RIDOLFO Sa ella dove egli sia?

PLACIDA E' qui in casa della ballerina; mette insieme le sue robe e fra poco se ne andrà.

RIDOLFO Se andrà via, lo vedrà.

PLACIDA Partirà per la porta di dietro, ed io non lo vedrò, o se sarò scoperta mi ucciderò.

RIDOLFO Chi ha detto che anderà via per la porta di dietro?

PLACIDA Quel signore che si chiama Don Marzio.

RIDOLFO La tromba della comunità. Faccia così: si ritiri in bottega qui del barbiere; stando lì si vede la porticina segreta. Subito che lo vede uscire, mi avvisi, e lasci operare me.

PLACIDA In quella bottega non mi vorranno.

RIDOLFO Ora... Ehi, messer Agabito? (chiama)

Share on Twitter Share on Facebook