SCENA VENTESIMA

Mirandolina e dette.

DEJANIRA: Madama, voi mi adulate. (Ad Ortensia, con caricatura.)

ORTENSIA: Contessa, al vostro merito ci converrebbe assai più. (Fa lo stesso.)

MIRANDOLINA: (Oh che dame cerimoniose). (Da sé, in disparte.)

DEJANIRA: (Oh quanto mi vien da ridere!). (Da sé.)

ORTENSIA: Zitto: è qui la padrona. (Piano a Dejanira.)

MIRANDOLINA: M'inchino a queste dame.

ORTENSIA: Buon giorno, quella giovane.

DEJANIRA: Signora padrona, vi riverisco. (A Mirandolina.)

ORTENSIA: Ehi! (Fa cenno a Dejanira, che si sostenga.)

MIRANDOLINA: Permetta ch'io le baci la mano. (Ad Ortensia.)

ORTENSIA: Siete obbligante. (Le dà la mano.)

DEJANIRA: (ride da sé.)

MIRANDOLINA: Anche ella, illustrissima. (Chiede la mano a Dejanira.)

DEJANIRA: Eh, non importa...

ORTENSIA: Via, gradite le finezze di questa giovane. Datele la mano.

MIRANDOLINA: La supplico.

DEJANIRA: Tenete. (Le dà la mano, si volta, e ride.)

MIRANDOLINA: Ride, illustrissima? Di che?

ORTENSIA: Che cara Contessa! Ride ancora di me. Ho detto uno sproposito, che l'ha fatta ridere.

MIRANDOLINA: (Io giuocherei che non sono dame. Se fossero dame, non sarebbero sole). (Da sé.)

ORTENSIA: Circa il trattamento, converrà poi discorrere. (A Mirandolina.)

MIRANDOLINA: Ma! Sono sole? Non hanno cavalieri, non hanno servitori, non hanno nessuno?

ORTENSIA: Il Barone mio marito...

DEJANIRA: (ride forte).

MIRANDOLINA: Perché ride, signora? (A Dejanira.)

ORTENSIA: Via, perché ridete?

DEJANIRA: Rido del Barone di vostro marito.

ORTENSIA: Sì, è un Cavaliere giocoso: dice sempre delle barzellette; verrà quanto prima col Conte Orazio, marito della Contessina.

DEJANIRA (fa forza per trattenersi dal ridere).

MIRANDOLINA: La fa ridere anche il signor Conte? (A Dejanira.)

ORTENSIA: Ma via, Contessina, tenetevi un poco nel vostro decoro.

MIRANDOLINA: Signore mie, favoriscano in grazia. Siamo sole, nessuno ci sente. Questa contea, questa baronia, sarebbe mai...

ORTENSIA: Che cosa vorreste voi dire? Mettereste in dubbio la nostra nobiltà?

MIRANDOLINA: Perdoni, illustrissima, non si riscaldi, perché farà ridere la signora Contessa.

DEJANIRA: Eh via, che serve?

ORTENSIA: Contessa, Contessa! (Minacciandola.)

MIRANDOLINA: Io so che cosa voleva dire, illustrissima. (A Dejanira.)

DEJANIRA: Se l'indovinate, vi stimo assai.

MIRANDOLINA: Volevate dire: Che serve che fingiamo d'esser due dame, se siamo due pedine? Ah! non è vero?

DEJANIRA: E che sì che ci conoscete? (A Mirandolina.)

ORTENSIA: Che brava commediante! Non è buona da sostenere un carattere.

DEJANIRA: Fuori di scena io non so fingere.

MIRANDOLINA: Brava, signora Baronessa; mi piace il di lei spirito. Lodo la sua franchezza.

ORTENSIA: Qualche volta mi prendo un poco di spasso.

MIRANDOLINA: Ed io amo infinitamente le persone di spirito. Servitevi pure nella mia locanda, che siete padrone; ma vi prego bene, se mi capitassero persone di rango, cedermi quest'appartamento, ch'io vi darò dei camerini assai comodi.

DEJANIRA: Sì, volentieri.

ORTENSIA: Ma io, quando spendo il mio denaro, intendo volere esser servita come una dama, e in questo appartamento ci sono, e non me ne anderò.

MIRANDOLINA: Via, signora Baronessa, sia buona... Oh! Ecco un cavaliere che è alloggiato in questa locanda. Quando vede donne, sempre si caccia avanti.

ORTENSIA: È ricco?

MIRANDOLINA: Io non so i fatti suoi.

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