Scena IX

Eleonora e detti

Ele. È permesso il godere di sì gentile conversazione?

Ros. Venite, Eleonora, venite.

Mil. (a Rosaura) Chi è questa signora?

Ros. Mia sorella.

Ele. E sua devotissima serva.

(Milord la saluta senza parlare.)

Ros. (ad Eleonora) Sedete presso a Milord.

Ele. Se me lo permette.

Mil. (senza mirarla) Mi fate onore.

Ele. Egli è Inglese, non è vero?

Mil. (come sopra) Sì, signora.

Ele. È molto tempo che è in Venezia?

Mil. (come sopra) Tre mesi.

Ele. Gli piace questa città?

Mil. (come sopra) Certamente.

Ele. Ma, signore, perché‚ mi favorisce con tanta asprezza? Sono sorella di Rosaura.

Mil. Compatitemi, ho la mente un poco distratta. (Costei non mi va a genio.)

Ele. Non vorrei sturbare i vostri pensieri...

Mil. Vi sono schiavo. (s’alza)

Ros. Dove, dove, Milord?

Mil. Alla Piazza.

Ros. Siete disgustato?

Mil. Eh, pensate. Oggi ci rivedremo. Madama, addio. Conte, a rivederci.

Ros. Permettete ch’io almeno...(vuol alzarsi)

Mil. No no, non voglio. Restate a consolare il povero Conte. Vedo ch’egli muore per voi. Vi amo anch’io, ma appunto perché‚ vi amo, godo in vedervi circondata da più adoratori, che facciano giustizia al vostro merito e applaudiscano alla mia scelta.

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