SCENA OTTAVA

Tognino e detti.

TOGNINO:        Padrone, ben levate. Cosa fanno? Stanno bene? Me ne consolo.

ROSINA:        Buon giorno, signor Tognino.

FERDINANDO:        Signor Tognino carissimo, ho l'onor di protestarle la mia umilissima servitù. (Con caricatura.)

TOGNINO:        Padrone. (Salutando Ferdinando.)

COSTANZA:        Avete dormito bene la scorsa notte?

TOGNINO:        Signora sì.

ROSINA:        Vi ha fatto male la cena?

TOGNINO:        Oh male! Perché male? Non mi ha fatto niente male.

FERDINANDO:        E poi, se gli avesse fatto male, non sa egli di medicina? Non saprebbe egli curarsi?

TOGNINO:        Signor sì, che saprei curarmi.

FERDINANDO:        A un uomo che avesse mangiato troppo, che si sentisse aggravato lo stomaco, che cosa ordinereste voi, signor Tognino?

ROSINA:        Oh! egli non è ancor medico; e non è obbligato a saper queste cose.

TOGNINO:        Signora sì, ch'io lo so.

FERDINANDO:        Egli lo sa, signora mia, egli lo sa benissimo, e voi, compatitemi, gli fate torto, e non avete di lui quella stima ch'ei merita. Dite a me, signor Tognino, che cosa gli ordinereste?

TOGNINO:        Gli ordinerei della cassia, e della manna, e della sena, e del cremor di tartaro, e del sal d'Inghilterra.

COSTANZA:        Cioè, o una cosa, o l'altra.

FERDINANDO:        E tutto insieme, se ve ne fosse bisogno.

TOGNINO:        E tutto insieme, se ve ne fosse bisogno.

FERDINANDO:        Bravo; evviva il signor dottorino.

ROSINA:        Orsù, mutiamo discorso.

COSTANZA:        A che ora è partito vostro signor padre? (A Tognino.)

TOGNINO:        Quando è partito, io dormiva. Non so che ora fosse.

COSTANZA:        Non ve l'hanno detto in casa a che ora è partito?

TOGNINO:        Me l'hanno detto, ma non me ne ricordo.

FERDINANDO:        (Spiritosissima creatura!).

ROSINA:        E quando credete ch'egli ritorni?

TOGNINO:        Io credo che ritornerà, quando avrà finito di fare quello che deve fare.

FERDINANDO:        Non c'è dubbio. Dice benissimo. In quell'età, pare impossibile ch'ei sappia dir tanto.

ROSINA:        Orsù, signore, gliel'ho detto e glielo torno a dire: guardi se stesso, e non istia a corbellare. (A Ferdinando.)

TOGNINO:        Mi corbella il signor Ferdinando? (A Ferdinando.)

COSTANZA:        Ditemi. Avete fatto colezione? (A Tognino.)

TOGNINO:        Io no, sono venuto qui a farla.

ROSINA:        Ed io v'ho aspettato, e la faremo insieme.

FERDINANDO:        Ma! è fortunato il signor Tognino.

TOGNINO:        Perché fortunato?

FERDINANDO:        Perché fa spasimar le fanciulle.

COSTANZA:        Lasciamo andare questi discorsi. (A Ferdinando.)

ROSINA:        (Povero il mio Tognino, non gli badate). (Piano a Tognino.)

TOGNINO:        (Quando sarete mia, per casa non ce lo voglio). (Piano a Rosina, e battendo i piedi.)

FERDINANDO:        Che cosa ha il signor Tognino?

COSTANZA:        Lasciatelo stare.

FERDINANDO:        Ma io gli voglio bene.

TOGNINO:        E a me non importa niente del vostro bene. (Gli fa uno sgarbo.)

FERDINANDO:        Grazioso, amabile, delizioso!

Share on Twitter Share on Facebook