SCENA SECONDA

Paolino, Tita, Beltrame.

PAOLINO:        Domani mattina, alla stessa ora, vi aspetto a favorire da me.

TITA:        Bene, e un'altra mattina favorirete da me.

PAOLINO:        Il vostro padrone è in campagna? (A Tita.)

TITA:        Il mio padrone è a Livorno, e la padrona sta qui a godersela. Il marito fatica in città a lavorare, e lamoglie in campagna a spendere e a divertirsi.

PAOLINO:        Sì, certo, la signora Costanza fa qui la sua gran figura. Chi non la conoscesse, non direbbe mai che è moglie d'un bottegaio.

BELTRAME:        Capperi, se fa figura! La chiamano per soprannome la governatrice di Montenero.

PAOLINO:        E chi è quella giovane che in quest'anno è venuta a villeggiare con lei?

TITA:        È una sua nipote, povera, miserabile, che non ha niente al mondo. Tutto quello che ha in dosso, glielo ha prestato la mia padrona.

PAOLINO:        E perché aggravar suo marito di quest'altra spesa? Perché far venire in campagna una nipote, col peso di doverla vestire?

TITA:        Vi dirò, ci è il suo perché. La signora Costanza, la mia padrona, è ancora giovane, è vero; ma in oggi a Montenero ci sono delle giovani più di lei. E dove vi è la gioventù, vi è il gran mondo; ed ella, per non esser di meno, si è provveduta di una nipote di sedici anni.

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