SCENA PRIMA

Sala in casa di Filippo.

Giacinta e Brigida.

BRIGIDA:        Che ma vuol dire, signora padrona, ch'ella è così melanconica? Quest'anno pare ch'ella non goda il piacere della villeggiatura.

GIACINTA:        Maledico l'ora e il punto che ci sono venuta.

BRIGIDA:        Ma perché mai questa cosa?

GIACINTA:        Lasciami stare, non m'inquietar d'avvantaggio.

BRIGIDA:        Ma io lo voglio sapere assolutamente. La mia padrona non mi ha mai tenuto nascosto niente, e spero non vorrà darmi ora questa mortificazione.

GIACINTA:        Brigida mia, conosco che sono stata una pazza, che sono una pazza, e che le mie pazzie mi voglion far sospirare.

BRIGIDA:        Ma perché mai? È ella pentita d'aver a sposare il signor Leonardo?

GIACINTA:        No, non mi pento di questo. Leonardo ha del merito, mi ama teneramente, e non è indocile da farmi temere di essere maltrattata. Mi pento bensì, ed amaramente mi pento, d'aver insistito ad onta di tutto di voler con noi il signor Guglielmo, e di aver permesso che mio padre lo abbia alloggiato in casa.

BRIGIDA:        Si è forse perciò disgustato il signor Leonardo?

GIACINTA:        Ma lascia stare il signor Leonardo, ch'egli non c'entra. Egli soffre anche troppo, ed arrossisco io per lui della sua sofferenza.

BRIGIDA:        Ma che cosa le ha fatto dunque il signor Guglielmo? Mi pare un giovane tanto onesto e civile...

GIACINTA:        Ah! sì, per l'appunto, la sua civiltà, la sua politezza; quella maniera sua insinuante, dolce, patetica, artifiziosa, mi ha, mio malgrado, incantata, oppressa, avvilita. Sì,sono innamorata, quanto può essere donna al mondo.

BRIGIDA:        Come, signora? Ma come mai? Se di lui, mi ha detto tante volte, non ci pensava né poco, né molto?

GIACINTA:        È vero, non ho mai pensato a lui, l'ho sempre trattato con indifferenza, e ho riso dentro di me di quelle attenzioni ch'egli inutilmente mi usava. Ma oimè! Brigida mia, quel convivere insieme, quel vedersi ogni dì, a tutte l'ore, quelle continue finezze, quelle parole a tempo, quel trovarsi vicini a tavola, sentirmi urtare di quando in quando (sia per accidente, o per arte), e poi chiedermi scusa, e poi accompagnare le scuse con qualche sospiro, sono occasioni fatali, insidie orribili, e non so, e non so dove voglia andare a finire.

BRIGIDA:        Ma ella non ne ha colpa. È causa il padrone.

GIACINTA:        Sì, è vero, vo studiando anch'io di dar la colpa a mio padre. Da lui è venuto il primo male; ma toccava a me a rimediarvi, ed io sola poteva farlo, ed io lo doveva fare; ma la maledetta ambizione di non voler dipendere, e di voler essere servita, mi ha fatto soffrire i primi atti d'indifferenza, e l'indifferenza è divenuta compiacimento, ed il compiacimento passione.

BRIGIDA:        S'è accorto di niente il signor Leonardo?

GIACINTA:        Non credo. Uso ogni arte perché egli non se ne accorga, ma ti giuro ch'io patisco pene di morte. Quel dover usar al signor Leonardo le distinzioni che sono da una sposa ad uno sposo dovute, e vedere dall'altra parte a languire, a patire colui che mi ha saputo vincere il cuore, è un tale inferno, che non lo saprei spiegare volendo.

BRIGIDA:        Ma come ha da finire, signora mia?

GIACINTA:        Questo è quello ch'io non so dire, e che mi fa continuamente tremare.

BRIGIDA:        Finalmente ella non è ancora sposata.

GIACINTA:        E che vorresti tu ch'io facessi? Che mancassi alla mia parola? Che si lacerasse un contratto? L'ho io sottoscritto. L'ha sottoscritto mio padre. È noto ai parenti, è pubblico per la città. Che direbbe il mondo di me? Ma vi è di peggio. Se si scoprisse ch'io avessi della passione per questo giovane, chi non direbbe che io l'amava in Livorno, che ho procurato d'averlo meco per un attacco d'amore, e che ho avuto la temerità di sottoscrivere un contratto di nozze col cuore legato, e coll'amante al fianco? Si tratta della riputazione. Sono cose che fanno inorridire a pensarvi.

BRIGIDA:        Per bacco! Me ne dispiace infinitamente. Ma non dicevasi comunemente, che il signor Guglielmo avesse della premura per la signora Vittoria?

GIACINTA:        Non è vero niente. È arte la sua, è finzione, per nascondere la parzialità che ha per me.

BRIGIDA:        Dunque lo sa il signor Guglielmo, che vossignoria ha della passione per lui.

GIACINTA:        Ho procurato nascondermi quanto ho potuto, ma se n'è accorto benissimo, e poi quella vecchia pazza di mia zia, vecchia maliziosissima, se n'è anch'ella avveduta, e in luogo d'impedire, di rimediare, pare che ci abbia gusto ad attizzare il foco, ed ha ella una gran parte in questa mia debolezza.

BRIGIDA:        A proposito della vecchia, eccola qui per l'appunto.

GIACINTA:        L'età l'ha fatta ritornare bambina. Fa ella mille sguaiataggini, e vorrebbe che tutte fossero del di lei umore.

BRIGIDA:        Diciamole qualche cosa. Avvisiamola che non istia a lusingare il signor Guglielmo.

GIACINTA:        No, no, per amor del cielo, non le diciamo niente, lasciamo correre, perché si farebbe peggio.

BRIGIDA:        (Ho capito. La mia padrona è un'ammalata, che ha paura della medicina).

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