SCENA UNDICESIMA

Filippo e detti.

FILIPPO:        Servo di lor signori. (Tutti salutano senza moversi.) E io non ho da far niente? Tutti giocano, e per me non c'è da giocare?

GIACINTA:        Vuol giocare, signor padre?

FILIPPO:        Mi parerebbe di sì.

GIACINTA:        Ehi! portate un altro tavolino. Vada a giocare a bazzica col signor Tognino.

FILIPPO:        A bazzica?

GIACINTA:        Non c'è altra partita. Il signor Tognino non sa giocare che a bazzica.

FILIPPO:        E non posso giocare con qualcun altro? Non posso giocare a picchetto col signor Ferdinando?

SABINA:        Il signor Ferdinando è impegnato.

FILIPPO:        Oh! questa è bella da galantuomo.

ROSINA:        Caro signor Filippo, non si degna di giocare col signor Tognino?

FILIPPO:        Non occorr'altro. Andiamo a giocare a bazzica. (A Tognino.)

TOGNINO:        Avverta ch'io non gioco di più d'un soldo la partita.

FILIPPO:        Sì, andiamo; giocheremo d'un soldo. (S'incammina al tavolino.) Ehi! senti, va subito in cucina, e di' al cuoco che si solleciti quanto può, e che, crudo o cotto, dia in tavola. (Ad un Servitore, che parte.) (Figurarsi s'io voglio star qui un'ora a giocare a bazzica con questo ceppo!). (Siede al tavolino con Tognino e giocano.)

VITTORIA:        Mi pare che un addio stamane si poteva venire a darmelo. (A Guglielmo.)

GUGLIELMO:        Ma non vi ho detto, signora, che non sono uscito di casa?

VITTORIA:        Sì, è vero; state in casa assai volentieri. Io dubito che a questa casa siate un poco troppo attaccato.

GUGLIELMO:        Non so con qual fondamento lo possiate dire.

COSTANZA:        Ma, signori miei, si gioca o non si gioca?

GUGLIELMO:        Ha ragione la signora Costanza.

VITTORIA:        (Or ora getto le carte in tavola).

GIACINTA:        (Vittoria, per quel ch'io sento, vuol far nascere delle scene).

LEONARDO:        Perché non bada al suo gioco, signora Giacinta?

ROSINA:        Via, risponda. Ho giocato picche.

GIACINTA:        Taglio.

ROSINA:        Taglia? Se ha rifiutato a trionfo.

LEONARDO:        Non vuol che rifiuti? Non ha il cuore al gioco.

GIACINTA:        Fo il mio dovere. Sento che qualcheduno si lamenta, e non so di che.

LEONARDO:        (Non veggio l'ora che finisca questa maladetta villeggiatura).

SABINA:        Ah! ah! gli ho dato un cappotto; un cappotto, gli ho dato un cappotto.

FERDINANDO:        Brava, brava; mi ha dato un cappotto.

VITTORIA:        Ha sempre gli occhi qui la signora Giacinta. (A Guglielmo.)

GUGLIELMO:        La padrona di casa ha da tenere gli occhi per tutto.

VITTORIA:        Sì, sì, difendetela. Trionfo. (Giocando con dispetto.)

COSTANZA:        Questo non è trionfo, signora.

VITTORIA:        Che so io che diavolo giochi?

COSTANZA:        In verità, così non si può giocare. (Forte.)

GIACINTA:        Che ha, signora Costanza?

COSTANZA:        Sono cose...

VITTORIA:        Eh! badi al suo gioco, signora Giacinta. (Ridendo.)

GIACINTA:        Perdoni... sento che si lamentano...

TOGNINO:        Bazzicotto, bazzicotto.

FILIPPO:        Sì, sì, bazzicotto, bazzicotto. (Con rabbia.)

GIACINTA:        Mi pare che la signora Vittoria non abbia per me grande amicizia. (Piano a Leonardo.)

LEONARDO:        Non so che dire; ma in ogni caso si mariterà. (Piano a Giacinta.)

GIACINTA:        Quando?

LEONARDO:        Può essere che non passi molto.

GIACINTA:        Sperate voi che il signor Guglielmo la sposi?

LEONARDO:        Se il signor Guglielmo non prenderà mia sorella, né anche in casa vostra non ci verrà più.

GIACINTA:        Davvero?

LEONARDO:        Davvero.

ROSINA:        Ma via, risponda. (A Giacinta.)

VITTORIA:        (Parlano di me, mi pare).

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