SCENA SESTA

Leonardo e detti.

LEONARDO:        Signor Filippo, mi fareste il piacere di permettermi ch'io scrivessi una lettera?

FILIPPO:        Accomodatevi. Là vi è carta, penna e calamaio.

VITTORIA:        (Mi pare torbido. Vi dovrebbero essere delle novità).

FILIPPO:        Ditemi un poco, signor Leonardo, sapete voi dove sia mia figliuola?

LEONARDO:        Sì, signore. (Accomodandosi al tavolino.)

FILIPPO:        E dov'è?

LEONARDO:        Giù in sala. (Come sopra.)

FILIPPO:        E dov'è stata finora?

LEONARDO:        Era andata a visitar la castalda, che la notte passata ha avuto un poco di febbre. (Come sopra.)

FILIPPO:        E con chi è andata?

LEONARDO:        Sola.

FILIPPO:        È andata sola?

LEONARDO:        Sì, signore.

FILIPPO:        Non è andato il signor Guglielmo con lei?

LEONARDO:        E perché il signor Guglielmo doveva andare con lei? Non può andar sola dalla castalda? E se aveva bisogno di compagnia, non c'era io da poterla servire?

FILIPPO:        Sentite, signora Vittoria?

VITTORIA:        Avete pure sentito in sala cosa dicevano. So pure che anche voi eravate fuor di voi stesso. (A Leonardo.)

LEONARDO:        Presto si pensa male, e con troppa facilità si giudica indegnamente. Sono stato io a rintracciarla. L'ho trovata sola dalla castalda, e l'ho servita a casa io medesimo. (Vuol il dovere che così si dica. Tutti non sarebbero persuasi del motivo che li faceva essere nel boschetto; intieramente non ne son nemmen io persuaso). (Principiando a scrivere.)

FILIPPO:        Ha sentito, signora Vittoria? Mia figlia non è capace...

VITTORIA:        E il signor Guglielmo è tornato? (A Leonardo.)

LEONARDO:        È tornato. (Scrivendo.)

VITTORIA:        E dov'era andato? (A Leonardo.)

LEONARDO:        Non lo so. (Come sopra.)

VITTORIA:        Sarà stato a visitare il castaldo. (A Leonardo, ironica.)

LEONARDO:        Prudenza, sorella, prudenza. (Come sopra.)

VITTORIA:        Io ne ho poca, ma non vorrei che voi ne aveste troppa. (A Leonardo.)

LEONARDO:        Lasciatemi terminar questa lettera.

VITTORIA:        Scrivete a Livorno?

LEONARDO:        Scrivo dove mi pare. Signor Filippo, la supplico d'una grazia: favorisca mandar uno de' suoi servitori a cercar il mio cameriere, e dirgli che venga subito qui, e se non mi trovasse più qui, che verso sera sia alla bottega del caffè, e che non manchi.

FILIPPO:        Sì, signore, vi servo subito. (Signora Vittoria, pensi meglio di me, e della mia famiglia, e della mia casa. Basta! A buon intenditor poche parole.) (Parte.)

Share on Twitter Share on Facebook