Scena quarta

Berto e detti.

BERTO:        Signore, il signor Ferdinando desidera riverirla. (A Leonardo.)

LEONARDO:        Venga, venga, è padrone.

VITTORIA:        Sentimi. Va immediatamente dal sarto, da monsieur de la Réjouissance, e digli che finisca subito il mio vestito, che lo voglio prima ch'io parta per la campagna, altrimenti me ne renderà conto, e non farà più il sarto in Livorno.

BERTO:        Sarà servita. (Parte.)

LEONARDO:        Via, acchetatevi, e non vi fate scorgere dal signor Ferdinando.

VITTORIA:        Che importa a me del signor Ferdinando? Io non mi prendo soggezione di lui. M'immagino che anche quest'anno verrà in campagna a piantare il bordone da noi.

LEONARDO:        Certo, mi ha dato speranza di venir con noi, e intende di farci una distinzione; ma siccome è uno di quelli che si cacciano da per tutto, e si fanno merito rapportando qua e là i fatti degli altri, convien guardarsene e non fargli sapere ogni cosa; perché se sapesse le vostre smanie per l'abito, sarebbe capace di porvi in ridicolo in tutte le compagnie, in tutte le conversazioni.

VITTORIA:        E perché dunque volete condur con noi questo canchero, se conoscete il di lui carattere?

LEONARDO:        Vedete bene: in campagna è necessario aver della compagnia. Tutti procurano d'aver più gente che possono; e poi si sente dire: il tale ha dieci persone, il tale ne ha sei, il tale otto, e chi ne ha più, è più stimato. Ferdinando poi è una persona che comoda infinitamente. Gioca a tutto, è sempre allegro, dice delle buffonerie, mangia bene, fa onore alla tavola, soffre la burla, e non se ne ha a male di niente.

VITTORIA:        Sì, sì, è vero; in campagna questi caratteri sono necessari. Ma che fa, che non viene?

LEONARDO:        Eccolo lì, ch'esce dalla cucina.

VITTORIA:        Che cosa sarà andato a fare in cucina?

LEONARDO:        Curiosità. Vuol saper tutto. Vuol saper quel che si fa, quel che si mangia, e poi lo dice per tutto.

VITTORIA:        Manco male, che di noi non potrà raccontare miserie.

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