SCENA NONA

Filippo, poi Fulgenzio.

FILIPPO:        Gran cosa di queste ragazze! Quel giorno che hanno d'andar in campagna, non sanno quel che si facciano, non sanno quel che si dicano, sono fuori di lor medesime.

FULGENZIO:        Buon giorno, signor Filippo.

FILIPPO:        Riverisco il mio carissimo signor Fulgenzio. Che buon vento vi conduce da queste parti?

FULGENZIO:        La buona amicizia, il desiderio di rivedervi prima che andiate in villa, e di potervi dare il buon viaggio.

FILIPPO:        Son obbligato al vostro amore, alla vostra cordialità, e mi fareste una gran finezza, se vi compiaceste di venir con me.

FULGENZIO:        No, caro amico, vi ringrazio. Sono stato in campagna alla raccolta del grano, ci sono stato alla semina, sono tornato per le biade minute, e ci anderò per il vino. Ma son solito di andar solo, e di starvi quanto esigono i miei interessi, e non più.

FILIPPO:        Circa agl'interessi della campagna, poco più, poco meno, ci abbado anch'io, ma solo non ci posso stare. Amo la compagnia, ed ho piacere nel tempo medesimo di agire, e di divertirmi.

FULGENZIO:        Benissimo, ottimamente. Dee ciascuno operare secondo la sua inclinazione. Io amo star solo, ma non disapprovo chi ama la compagnia. Quando però la compagnia sia buona, sia conveniente, e non dia occasione al mondo di mormorare.

FILIPPO:        Me lo dite in certa maniera, signor Fulgenzio, che pare abbiate intenzione di dare a me delle staffilate.

FULGENZIO:        Caro amico, noi siamo amici da tanti anni. Sapete se vi ho sempre amato, se nelle occasioni vi ho dati dei segni di cordialità.

FILIPPO:        Sì, me ne ricordo, e ve ne sarò grato fino ch'io viva. Quando ho avuto bisogno di denari, me ne avete sempre somministrato senz'alcuna difficoltà. Ve li ho per altro restituiti, e i mille scudi che l'altro giorno mi avete prestati, li avrete, come mi sono impegnato, da qui a tre mesi.

FULGENZIO:        Di ciò son sicurissimo, e prestar mille scudi ad un galantuomo, io lo calcolo un servizio da nulla. Ma permettetemi che io vi dica un'osservazione che ho fatta. Io veggo che voi venite a domandarmi denaro in prestito quasi ogni anno, quando siete vicino alla villeggiatura. Segno evidente che la villeggiatura v'incomoda; ed è un peccato che un galantuomo, un benestante come voi siete, che ha il suo bisogno per il suo mantenimento, s'incomodi e domandi denari in prestito per ispenderli malamente. Sì, signore, per ispenderli malamente, perché le persone medesime che vengono a mangiare il vostro, sono le prime a dir male di voi, e fra quelli che voi trattate amorosamente, vi è qualcheduno che pregiudica al vostro decoro ed alla vostra riputazione.

FILIPPO:        Cospetto! voi mi mettete in un'agitazione grandissima. Rispetto allo spendere qualche cosa di più, e farmi mangiare il mio malamente, ve l'accordo, è vero, ma sono avvezzato così, e finalmente non ho che una sola figlia. Posso darle una buona dote, e mi resta da viver bene fino ch'io campo. Mi fa specie che voi diciate, che vi è chi pregiudica al mio decoro, alla mia riputazione. Come potete dirlo, signor Fulgenzio?

FULGENZIO:        Lo dico con fondamento, e lo dico appunto, riflettendo che avete una figliuola da maritare. Io so che vi è persona che la vorrebbe per moglie, e non ardisce di domandarvela, perché voi la lasciate troppo addomesticar colla gioventù, e non avete riguardo di ammettere zerbinotti in casa, e fino di accompagnarli in viaggio con essolei.

FILIPPO:        Volete voi dire del signor Guglielmo?

FULGENZIO:        Io dico di tutti e non voglio dir di nessuno.

FILIPPO:        Se parlaste del signor Guglielmo, vi accerto che è un giovane il più savio, il più dabbene del mondo.

FULGENZIO:        Ella è giovane.

FILIPPO:        E mia figlia è una fanciulla prudente.

FULGENZIO:        Ella è donna.

FILIPPO:        E vi è mia sorella, donna attempata...

FULGENZIO:        E vi sono delle vecchie più pazze assai delle giovani.

FILIPPO:        Era venuto anche a me qualche dubbio su tal proposito, ma ho pensato poi, che tanti altri si conducono nella stessa maniera...

FULGENZIO:        Caro amico, de' casi ne avete mai veduti a succedere? Tutti quelli che si conducono come voi dite, si sono poi trovati della loro condotta contenti?

FILIPPO:        Per dire la verità, chi sì e chi no.

FULGENZIO:        E voi siete sicuro del sì? Non potete dubitare del no?

FILIPPO:        Voi mi mettete delle pulci nel capo. Non veggo l'ora di liberarmi di questa figlia. Caro amico, e chi è quegli che dite voi, che la vorrebbe in consorte?

FULGENZIO:        Per ora non posso dirvelo.

FILIPPO:        Ma perché?

FULGENZIO:        Perché per ora non vuol essere nominato. Regolatevi diversamente, e si spiegherà.

FILIPPO:        E che cosa dovrei fare? Tralasciar d'andare in campagna? È impossibile; son troppo avvezzo.

FULGENZIO:        Che bisogno c'è, che vi conduciate la figlia?

FILIPPO:        Cospetto di bacco! se non la conducessi, ci sarebbe il diavolo in casa.

FULGENZIO:        Vostra figlia dunque può dire anch'ella la sua ragione.

FILIPPO:        L'ha sempre detta.

FULGENZIO:        E di chi è la colpa?

FILIPPO:        È mia, lo confesso, la colpa è mia. Ma son di buon cuore.

FULGENZIO:        Il troppo buon cuore del padre fa essere di cattivo cuore le figlie.

FILIPPO:        E che vi ho da fare presentemente?

FULGENZIO:        Un poco di buona regola. Se non in tutto, in parte. Staccatele dal fianco la gioventù.

FILIPPO:        Se sapessi come fare a liberarmi dal signor Guglielmo!

FULGENZIO:        Alle corte: questo signor Guglielmo vuol essere il suo malanno. Per causa sua il galantuomo che la vorrebbe, non si dichiara. Il partito è buono, e se volete che se ne parli, e che si tratti, fate a buon conto che non si veda questa mostruosità, che una figliuola abbia da comandar più del padre.

FILIPPO:        Ma ella in ciò non ne ha parte alcuna. Sono stato io che l'ha invitato a venire.

FULGENZIO:        Tanto meglio. Licenziatelo.

FILIPPO:        Tanto peggio; non so come licenziarlo.

FULGENZIO:        Siete uomo, o che cosa siete?

FILIPPO:        Quando si tratta di far malegrazie, io non so come fare.

FULGENZIO:        Badate che non facciano a voi delle malegrazie che puzzino.

FILIPPO:        Orsù, bisognerà, ch'io lo faccia.

FULGENZIO:        Fatelo, che ve ne chiamerete contento.

FILIPPO:        Potreste ben farmi la confidenza di dirmi chi sia l'amico che aspira alla mia figliuola.

FULGENZIO:        Per ora non posso, compatitemi. Deggio andare per un affare di premura.

FILIPPO:        Accomodatevi, come vi pare.

FULGENZIO:        Scusatemi della libertà, che mi ho preso.

FILIPPO:        Anzi vi ho tutta l'obbligazione.

FULGENZIO:        A buon rivederci.

FILIPPO:        Mi raccomando alla grazia vostra.

FULGENZIO:        (Credo di aver ben servito il signor Leonardo. Ma ho inteso di servire alla verità, alla ragione, all'interesse e al decoro dell'amico Filippo). (Parte.)

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