In chiuder la tua storia, ansante il petto,
Vedrò, dissi, il tuo marmo, Alfieri mio,
Vedrò la parte aprica e il dolce tetto
Onde dicesti a questa terra addio.
Così dissi inaccorto. E forse ch’io
Pria sarò steso in sul funereo letto,
E de l’ossa nel flebile ricetto
Prima infinito adombrerammi obblio:
Misero quadrilustre. E tu nemica
La sorte avesti pur: ma ti rimbomba
Fama che cresce e un dì fia detta antica.
Di me non suonerà l’eterna tromba;
Starommi ignoto e non avrò chi dica,
A piangere i’ verrò su la tua tomba.
Primo sonetto composto tutto la notte avanti il 27 Novembre 1817, stando in letto, prima di addormentarmi, avendo poche ore avanti finito di leggere la vita dell’Alfieri, e pochi minuti prima, stando pure in letto, biasimata la sua facilità di rimare, e detto fra me che dalla mia penna non uscirebbe mai sonetto; venutomi poi veramente prima il desiderio e proponimento di visitare il sepolcro e la casa dell’Alfieri, e dopo il pensiero che probabilmente non potrei.
Scritto ai 29 di novembre.