Superiorità della natura sulla ragione, dell’assuefazione (ch’è seconda natura) sulla riflessione. Mio timor panico d’ogni sorta di scoppi, non solo pericolosi (come tuoni, ec.), ma senz’ombra di pericolo (come spari festivi ec.); timore che stranamente e invincibilmente mi possedette non pur nella puerizia, ma nell’adolescenza, quando io era bene in grado di riflettere e di ragionare, e così faceva io infatti, ma indarno per liberarmi da quel timore, benché ogni ragione mi dimostrasse ch’egli era tutto irragionevole. Io non credeva che vi fosse pericolo, e sapeva che non v’era pericolo né che temere; ma io temeva niente manco che se io avessi saputo e creduto e riflettuto il contrario. Non poté né la ragione né la riflessione liberarmi da quel timore irragionevolissimo, perch’esso m’era cagionato dalla natura. Né io certo era de’ più stupidi e irriflessivi, né di quelli che men vivono secondo ragione, e meno ne sentono la forza, e son meno usi di ragionare, e seguono più ciecamente l’istinto o le disposizioni naturali. Or quello che non poté per niun modo la ragione né la riflessione contro la natura, lo poté in me la natura stessa e l’assuefazione; e il poté contro la ragione medesima e contro la riflessione. Perocché coll’andar del tempo, anzi dentro un breve spazio, essendo stato io forzato in certa occasione a sentire assai da vicino e frequentemente di tali scoppi, perdei quell’ostinatissimo e innato timore, in modo che non solo trovava piacere in quello che per l’addietro m’era stato sempre di grandissimo odio e spavento senza ragione, ma lasciai pur di temere e presi anche ad amare nel genere stesso quel che ragionevolmente sarebbe da esser temuto; né la ragione o la riflessione che già non poterono liberarmi dal timor naturale, poterono poscia, né possono tuttavia, farmi temere o solamente non amare, quello che per natura o assuefazione, irragionevolmente, io amo e non temo. Né io son pur, come ho detto, de’ più irriflessivi, né manco di riflettere ancora in questo proposito all’occasione, ma indarno per concepire un timore che non mi è più naturale. Questo ch’io dico di me, so certo essere accaduto e accadere in mille altri tuttogiorno, o quanto all’una delle due parti solamente, o quanto ad ambedue. Quello che non può in niun modo la riflessione, può e fa l’irriflessione.