I. Discussione sull'amore ne' romanzi

[2]

[3]

Avendo posto in fronte a questo scritto il titolo di storia, e fatto creder così al lettore ch'egli troverebbe una serie continua di fatti, mi trovo in obbligo di avvertirlo qui, che la narrazione sarà sospesa alquanto da una discussione sopra principj: discussione la quale occuperà probabilmente un buon terzo di questo capitolo. Il lettore, che lo sa, potrà saltare alcune pagine, per riprendere il filo della storia: e per me lo consiglio di far così, giacchè le ragioni che mi sento sulla punta della penna sono tali da annojarlo, o anche da fargli venir la muffa al naso.

La discussione viene all'occasione della osservazione seguente, che mi fa un personaggio ideale.

[4]

—I protagonisti di questa storia, dic'egli, sono due innamorati, promessi al punto di sposarsi, e quindi separati violentemente dalle circostanze, condotte da una volontà perversa. La loro passione è quindi passata per molti stadj, e per quelli principalmente che le danno occasione di manifestarsi e di svolgersi nel modo più interessante. E intanto non si vede nulla di tutto ciò: ho taciuto finora, ma quando si arriva ad una separazione secca, digiuna, concisa, come quella che si trova nella fine del capitolo passato, non[5] posso lasciare di farvi una inchiesta. Questa vostra storia non ricorda nulla di quello che gl'infelici giovani hanno sentito, non descrive i principj, li aumenti, le comunicazioni del loro affetto, insomma non li dimostra innamorati.—

—Perdonatemi: trabocca invece di queste cose, e deggio confessare che sono anzi la parte la più elaborata dell'opera: ma nel trascrivere, e nel rifare, io salto tutti i passi di questo genere.—

—Bella idea! e perchè, se v'aggrada?—

—Perchè io sono del parere di coloro i quali dicono che non si deve scrivere d'amore in modo da far consentire l'animo di chi legge a questa passione.—

—Poffare! nel secolo decimonono ancora simili idee! Ma i vostri riguardi sono tanto più strani, in quanto l'amore dei vostri eroi è il più puro, il più legittimo, il più virtuoso; e se poteste descriverlo in modo di eccitarne il consenso, non fareste che far comunicare altrui ad un sentimento virtuoso.—

—Armatevi di pazienza ed ascoltate. Se io potessi fare in guisa che questa storia non capitasse in mano ad altri che a sposi innamorati, nel giorno che hanno detto e inteso in presenza del parroco un sì delizioso, allora forse converrebbe mettervi quanto amore si potesse, poichè per tali lettori non potrebbe certamente aver nulla di pericoloso. Penso però, che sarebbe inutile per essi, e che troverebbero tutto questo amore molto freddo, quand'anche fosse trattato da tutt'altri che dal mio autore e da me;[6] perchè quale è lo scritto dove sia trasfuso l'amore quale il cuor dell'uomo può sentirlo? Ma ponete il caso che questa storia venisse alle mani, per esempio, d'una vergine non più acerba, più saggia che avvenente (non mi direte che non se n'abbia), e di anguste fortune, la quale, perduto già ogni pensiero di nozze, se ne va campucchiando quietamente, e cerca di tenere occupato il cuor suo coll'idea dei suoi doveri, colle consolazioni della innocenza e della pace, e colle speranze che il mondo non può dare, nè torre; ditemi un po', che bell'acconcio potrebbe fare a questa creatura una storia che le venisse a rimescolare in cuore quei sentimenti, che molto saggiamente ella vi ha sopiti. Ponete il caso, che un giovane prete, il quale coi gravi uficj del suo ministero, colle fatiche della carità, con la preghiera, con lo studio, attende a sdrucciolare sugli anni pericolosi che gli rimangono da trascorrere, ponendo ogni cura di non cadere, e non guardando troppo a dritta, nè a sinistra, per non dar qualche stramazzone in un momento di distrazione; ponete il caso che questo giovane prete si ponga a leggere questa storia: giacchè non vorreste che si pubblicasse un libro che un prete non abbia da leggere: e ditemi un po' che vantaggio gli farebbe una descrizione di quei sentimenti ch'egli debba soffocar ben bene nel suo cuore, se non vuol mancare ad un impegno sacro ed assunto volontariamente, se non vuole porre nella sua vita una contraddizione che tutta la alteri. Vedete quanti simili[7] casi si potrebber fare. Concludo che l'amore è necessario a questo mondo: ma ve n'ha quanto basta, e non fa mestieri che altri si dia la briga di coltivarlo; e che col volerlo coltivare non si fa altro che farne nascere dove non fa bisogno. Vi hanno altri sentimenti dei quali il mondo ha bisogno, e che uno scrittore, secondo le sue forze, può diffondere un po' più negli animi: come sarebbe la commiserazione, l'affetto al prossimo, la dolcezza, l'indulgenza, il sacrificio di sè stesso: oh di questi non v'ha mai eccesso; e lode a quegli scrittori che cercano di metterne un po' più nelle cose di questo mondo: ma dell'amore, come vi diceva, ve n'ha, facendo un calcolo moderato, seicento volte più di quello che sia necessario alla conservazione della nostra riverita specie. Io stimo dunque opera imprudente l'andarlo fomentando cogli scritti; e ne son tanto persuaso, che se un bel giorno, per un prodigio, mi venissero ispirate le pagine più eloquenti d'amore che un uomo abbia mai scritte, non piglierei la penna per metterne una linea sulla carta: tanto son certo che me ne pentirei.—

—Ma queste sono idee meschine, pinzocheresche, claustrali e peggio; idee che tendono a soffocare ogni slancio d'ingegno, e ben diverse dalle idee grandi della vera religione...—

—La religione ha avuto scrittori del genio il più ardito ed elevato, pensatori profondi e pacati,[8] ragionatori d'una esattezza scrupolosa, e tutti questi, senza una eccezione, hanno disapprovate le opere in cui l'amore è trattato nel modo che voi vorreste. Oh, ditemi di grazia, come mai io posso persuadermi che tutti questi non han saputo conoscere quel che si voglia la vera religione, e che voi avete trovata senza fatica la verità, dov'essi, con uno studio di tutta la vita, non hanno saputo pescare che un errore grossolano?—

—Così voi condannate tutti gli scritti....?—

—Sono i giudici che condannano: per me vi dico solo il perchè io abbia esclusi tutti quei bei passi da questa storia. Ma se volete dei giudizj e delle condanne, voi ne troverete nei casi in cui è lecito, anzi bello il condannare, cioè quando uno giudica sè stesso. Vedete quello che hanno pensato dei loro scritti amorosi quegli scrittori (del cristianesimo intendo) i quali si sono acquistata fama di grandi, e nello stesso tempo di più castigati. Vedete, per esempio, il Petrarca e Racine.—

—Il Petrarca viveva in tempi...—

—Non parliamo del Petrarca, perchè io spero che leggeremo presto intorno a lui il giudizio d'un uomo il quale ne dirà quello che nè voi, nè io non giungeremmo a trovare. Vi tratto, conio vedete, senza cerimonie, perchè siete un personaggio ideale.—

—Ebbene, Racine. Non è ella cosa convenuta fra tutti gli uomini che hanno due dita di cervello, e che non sono un secolo indietro dagli altri, che il[9] pentimento che Racine provò per le sue tragedie è una debolezza degli ultimi suoi anni, debolezza indegna di quel grande intelletto, debolezza che fa compassione?—

—Vi sono stati due Giovanni Racine. Uno, per aver la grazia dei potenti, adulò in essi apertamente il vizio, ch'egli conosceva per tale, e per giustificare appunto le sue tragedie beffò degli uomini pei quali aveva in cuor suo un rispetto sentito, e sostituì gli scherni personali ai ragionamenti, per evitare la quistione; punse acerbamente quanto potè ed umiliò con epigrammi stizzosi certi tali, che non la natura certo, ma il giudizio di una gran parte del pubblico aveva fatti suoi emoli; e nello stesso tempo si rose internamente, si accorò, perdette la sua pace ad ogni critica che sentiva fare delle sue opere: tormentato e tormentatore pei meschini interessi della letteratura, e della sua letteratura. Questi è quel Giovanni Racine che scriveva rime d'amore.

L'altro, viveva ritirato tranquillamente nel seno della sua famiglia: se non si allontanò affatto dai potenti, almeno parlò ad essi (caso raro, quasi unico in quei tempi) delle miserie degli uomini, che essi avrebbero dovuto sollevare, o non creare: non solo non cercava più gli applausi, non solo non provocava le lodi degli amici, ma le sentiva con dolore; non solo non arrovellava ad ogni critica, ma quando un uomo non provocato lo fece segno ad un pubblico insulto non se ne lagnò, e invece di ricevere scuse,[10] rispose con ringraziamenti. Egli, che era stato cortigiano nella sua giovinezza, rifiutò di sedere alla mensa di un principe, per non privare i suoi figli della sua compagnia. In pace con sè, col genere umano, e coi letterati, egli trascorse libero da quelle passioni che avevano agitata la sua prima età: e non si può proprio dire per questo che fosse rimbambito, poichè scrisse Atalia. Questi è quel Giovanni Racine, che si pentiva di avere scritte rime d'amore. Che di questi due uomini il debole fosse il secondo, si può certamente dire, se ne dicono tante! ma per me, non posso persuadermene.—

—Dunque, secondo voi, aveva ragione di pentirsi: dunque se non fosse rimasto che un esemplare delle tragedie amorose di Racine, se questo esemplare fosse stato in vostra mano, se Racine ve lo avesse chiesto per abbruciarlo, per privare la posterità d'un tale monumento d'ingegno, voi avreste?... non ardisco quasi interrogarvi.—

[11]

—Io glielo avrei dato subito, perchè quel brav'uomo potesse aver la soddisfazione di gettarlo sul fuoco. Come! voi credete che si sarebbe dovuto esitare a toglierli dal cuore questa spina? Gliel'avrei dato subito, perchè il dispiacere ragionato, serio, riflessivo, nobile di Racine era un sentimento più importante che non sia stato e non sia per essere il piacere che hanno dato e che sono per dare le sue tragedie fino alla consumazione dei secoli.—

—Queste sono ciarle; ma avete pensato che con questi stralci voi vi andate scemando sempre più il numero de' lettori; e che se avrebbero potuto essere centinaia, sa il cielo se li conterete a dozzine?—

—Voi mi ci fate pensare; ma, a dir vero, non arrivo a sentire la forza di questo inconveniente.—

—Ma voi volete privarvi volontariamente dei mezzi più potenti di dilettare, di quei mezzi che, anche in mano della mediocrità, possono talvolta produrre un grande effetto?—

—Se le lettere dovessero aver per fine di divertire quella classe d'uomini che non fa quasi altro che divertirsi, sarebbero la più frivola, la più servile, l'ultima delle professioni. E vi confesso che troverei qualche cosa di più ragionevole, di più umano e di più degno nelle occupazioni di un montambanco, che in una fiera trattiene con sue storie una folla di contadini: costui almeno può aver fatti passare qualche momenti gaj a quelli che vivono di stenti e di malinconie; ed è qualche cosa. Ma, per non ingannarvi,[12] avvertite che in tutte queste ciarle, che abbiam fatte finora, non abbiam detto nulla o quasi nulla sul fondo della quistione. Voi non lo avete toccato; ed io sono rimasto, rispondendovi, in quella sfera dove vi siete posto; abbiam ciarlato di fuori, come si usa. Che se volete veder qualche cosa sul fondo della quistione, andate di grazia a quegli scrittori di cui abbiam fatto cenno: o pure pensateci un po' seriamente voi stesso.—

—Pensarci? Per giungere a queste belle conseguenze? Sappiate che, a porre insieme le idee di un Vandalo e d'una donnicciola...—.

—Sparisci; e torniamo alla storia.—

[13]

Share on Twitter Share on Facebook