XI. Lucia a Chiuso.

[342]

[343]

Quando il Cardinale, terminate le funzioni di quella mattina, si ritirò dalla chiesa nella casa del curato, tutto il popolo, che era stivato nella chiesa, o ammucchiato al di fuori, si sciolse poco a poco, e ognuno s'avviò a casa. Quando il marito della buona donna entrò nella sua, la donna le corse incontro, gli presentò la ospite inaspettata e glie ne fece in succinto la storia. Il marito fu molto lieto che la sua donna fosse stata prescelta a quell'ufficio ed avesse una parte nella storia di quel giorno, e fu anche tocco assai dalle sventure della nostra Lucia: di modo che quando la donna gli propose di andare al paese di Lucia, ch'era discosto circa tre miglia, e di annunziare ad Agnese ciò ch'era accaduto e di condurla alla figlia, l'uomo accolse la proposta con giubilo: le funzioni, la predica del Cardinale, la solennità e la pompa straordinaria avevano messo un certo entusiasmo nell'animo d'ognuno degli spettatori: e questo sentimento, messo in comune in quel concorso di popolo, ritornava con maggior forza sull'animo di[344] ognuno: non è quindi da farsi maraviglia, se Tommaso Dalceppo, all'udirsi proporre una faccenda che era tanto in armonia con quel suo sentimento, non pensò nè alla fatica, nè all'incomodo, ma gioì nella conformità di quello che sentiva e di quello che doveva fare. Mangiò un boccone in piedi, tolse una mula che aveva in istalla, e partì di volo.

La buona donna (perchè la bontà vera e abituale ispira tutti i pensieri della gentilezza, la quale non è altro che l'espressione o la finzione della bontà), la buona donna pensò che Lucia, dopo tante scosse, avrebbe gustato volentieri la solitudine e il riposo, e offerse di ritirarsi in un'altra stanza. Lucia accettò l'invito al riposo con nuove parole di riconoscenza, e rimase soletta.

Ma quantunque per gli orrendi disagj del giorno e della notte antecedente il suo corpo avesse bisogno di quiete, pure Lucia non dormì, nè cercò di dormire, e il riposo non consistette in altro che nella facoltà di trattenersi coi suoi pensieri senza quel battito continuo, senza sussulti, senza terrore, non però con giocondità. V'ha dei mali e dei pericoli ai quali succede la gioja in chi gli ha sofferti, o veduti da presso: tali sono le burrasche di mare, gli stenti e i rischi della guerra, la rabbia di Scilla e i sassi dei[345] Ciclopi, quelle cose di cui Enea disse benissimo:

forsan et haec meminisse juvabit,

e che il Caro tradusse un po' lunghettamente:

E verrà tempo

Un dì, che tante e così rie venture,

Non che altro, vi saran dolce ricordo.

Il cuore si rallegra doppiamente nel paragone d'una quiete presente con una angoscia passata, le immagini della quale sono grandi, semplici, forti e miste del ricordo di una certa fortezza. Ma v'ha un'altra specie di mali e di pericoli, i quali dopo avere orribilmente tormentato con la presenza, restano nojosi anche nella memoria: quei mali e quei pericoli nei quali vi si è rivelato un grado ignorato di perversità umana, aumento di scienza molto tristo; nei quali si è conosciuta in sè una suscettibilità di profondo ed amaro patire, che diventa esperienza che porta ad osservare, a distinguere in tutti gli oggetti, in tutti i casi ciò che potrebbero avere di penoso, e si associa così a tutte le idee: quei mali e quei pericoli nei quali non v'è stato nessuno splendido esercizio di attività morale, che destano una pietà senza maraviglia, che[346] non si possono sentire a rammemorare senza ribrezzo e senza vergogna persino da chi vi si è trovato e n'è uscito innocente, e i mali di Lucia erano di questa seconda specie. Certo nella inaspettata salute di quel giorno v'era per Lucia una gioja, e la riconoscenza all'ajuto del cielo che santificava quella gioja la rendeva ancora più viva: ma era stata una gioja ben turbolenta e confusa nei primi momenti; ed ora, col crescere della calma, quella gioja era alterata continuamente dalle rimembranze recenti e dai pensieri dell'avvenire. L'animo che è liberato da una grande sventura, è come la terra daddove è sterpato un grand'albero: per qualche tempo ella appare sgombra e vuota: ma a poco a poco comincia ad esser segnata qua e là di piccioli germogli, quindi a coprirsi di erbaccie, e mostra chiaramente che quello che si chiama riposo della terra è una metafora, o un errore. Così i guai che erano stati sepolti e come soffocati nell'animo quando una grande sciagura lo riempiva, e, per dir così, lo aduggiava, cominciano a spuntare e a ricomparire poco da poi che la sventura è cessata.

Lucia ripensava con amarezza i mezzi che l'infame Rodrigo aveva saputi mettere in opera a perseguitarla, e si angustiava di quello che avrebbe potuto fare nell'avvenire. Come essere al riparo da un sì scellerato tiranno, vivendo presso a lui? o dove andare? come trovare il sostentamento in quei tempi così scarsi, e quando i risparmj degli anni addietro[347] fossero tutti consumati? Ma l'idea più penosa per Lucia, e quella che rendeva tutte le altre più penose, (giacchè abbiamo promesso di non tacer nulla al lettore di quello che è venuto a nostra notizia), il pensiero invano respinto, e che si mesceva a tutti gli altri, era quello del voto fatto nella notte antecedente. Lucia non confessava a sè stessa d'esserne pentita, ma lo era; le sembrava orribile sconoscenza il rammaricarsi dell'offerta posta sull'altare per ottenere un gran dono, rammaricarsene quando il dono era ottenuto; le sembrava che questo sentimento le avrebbe attirate nuove sventure, e queste meritate, e quindi riprovava il sentimento, ma non poteva farlo scomparire. L'invincibile di tutte le difficoltà, l'amaro di tutte le privazioni, l'inestricabile di tutti gl'impacci le pareva che venisse dal non poter essere di Fermo; con lui tanti inconvenienti sarebbero svaniti, e tutti gli altri sarebbero divenuti tollerabili! ma il pensiero di Fermo era per lei una tentazione, quasi un delitto, e doveva sempre respingerlo. La poveretta non era istrutta abbastanza per conoscere che quella promessa, fatta in una agitazione febbrile, senza meditazione, quasi senza piena coscienza, non era un voto; e ch'ella, già legata con una promessa solenne a Fermo, non aveva il diritto di sciogliere, senza consenso e senza colpa di lui, un legame già[348] stretto da due volontà libere e concordi; e ignorava anche i mezzi che la religione, la quale consacra i voti dell'uomo, offre per liberarlo dai voti quando il loro adempimento invece d'essere una occasione di maggior bene, divenga un ostacolo. Lucia aspettava con ansietà amorosa di rivedere la madre, ma tremava di doverla abbracciare con questo segreto nel cuore, ripugnava di rivelarglielo; e sentiva che il silenzio sarebbe stato impossibile.

Era la poveretta in questi pensieri, e sa il cielo fin quando vi avrebbe durato, quando lo scalpito d'un quadrupede, che si fermò nel cortiletto, un salire precipitoso per la scaletta di legno, le annunziò Agnese; la porta si aprì impetuosamente; Lucia fu nelle braccia di sua madre, e tutte le altre idee svanirono. Noi non descriveremo le sensazioni delle due donne in quel rivedersi. Questa è la frase della quale si servono tutti i narratori quando si trovano ad un punto simile al nostro, e fanno bene.

Il lettore conosce i casi e il carattere di quelle due poverette, e deve immaginarsi ciò che hanno sentito e detto. Dopo i primi sfoghi cominciarono le inchieste e i racconti, e il soggetto di essi è pure già conosciuto. Una sola di queste rivelazioni vuol essere ricordata particolarmente. Lucia non sapeva nulla della fuga di Fermo, e questa notizia che la madre le diede,[349] le cagionò le più varie e opposte commozioni. L'assenza di Fermo era certo dolorosa per lei, ma quando seppe ch'egli era in sicuro, provò quasi una torbida consolazione nel pensiero che la tentazione era lontana, che l'esecuzione del suo voto diveniva più facile, che se non altro non verrebbe così presto la necessità di parlarne. Lucia ed Agnese erano in colloquio, quando il buon curato entrò nella casa, cercò di Tommaso (perchè egli non si tratteneva col bel sesso che in casi di somma necessità), e gli disse che il Cardinale domandava Lucia e la buona donna che era stata a prenderla. Questa andò ad avvertire le donne della chiamata: Lucia si alzò per partire, la madre le tenne naturalmente dietro, e le tre donne uscirono dalla casa, e attraversando una folla di curiosi, giunsero alla casa del curato, e furono condotte alla presenza di Federigo.

Quando il buon vescovo doveva parlar con donne, cosa che lo impacciava pure alquanto, aveva per massima di non riceverne mai una sola, quando non fosse decrepita, e voleva che una matrona le fosse sempre[350] di compagnia. Nel caso presente invece d'una matrona ve ne aveva due, e tutto era più che in regola. Pure, secondo il suo costume, egli fece tenere spalancata la porta, e si pose in luogo dove potesse esser veduto da chi era nell'altra stanza, e così accolse le tre donne, che erano impacciate almeno al pari di lui, ma per tutt'altri motivi. Il riserbo abituale e il contegno modesto di Federigo non potè fare che non gli apparisse sul volto un non so che di affetto soave nell'accogliere Lucia e nel farle animo: ringraziò pure cordialmente la buona donna del pio uficio da lei prestato, e chiese chi fosse la terza: quando seppe che era la madre di Lucia, si rallegrò pure con lei, e la salutò cortesemente. Quindi pregate le due ultime di scostarsi alquanto, si trattenne con Lucia sulle sue vicende, interrogandola con quella delicatezza che richiedeva il pudore di Lucia e il suo; poichè in quella canizie egli conservava la purità ombrosa di una fanciulla. Ma le inchieste ch'egli faceva a Lucia non erano mosse da una vana curiosità, e nè pure dal solo interessamento per quella infelice innocente: erano venute all'orecchio di Federigo voci sorde, confuse, sul conto della Signora, che gli davano da pensare: e in questa occasione egli sospettava con angoscia che la condotta della Signora con Lucia potrebbe rivelare qualche cosa di quella donna, che era per lui un tristo mistero. Lucia con tanto più di schiettezza e di libertà, quanto essa non sospettava nemmeno di accusare, credeva anzi[351] di lodare, soddisfece alle domande di Federigo, nel quale il sospetto crebbe.

Fin qui per Don Abbondio le cose andavano benone. Le circostanze essenziali della storia stavano senza parlare del matrimonio ricusato, e Lucia aborriva il discorso del matrimonio. Ma il Cardinale, che disegnava di riparlare altra volta con Lucia, e non voleva in quel giorno così burrascoso per lei tenerla più a lungo, chiamò a sè le due donne presenti e lontane, e disse a ciascuna ciò che era più opportuno; ringraziò di nuovo la buona donna, consolò Agnese e l'animò ad ammirare la provvidenza che dopo d'averle dato tanti timori per la figlia, l'aveva liberata con modi inaspettati, e l'aveva fatta conoscere ad uno che aveva il dovere e qualche mezzo per proteggerla. Quella benedetta Agnese fra le risposte che diede con un imbarazzo che in lei era un po' comico, perchè voleva non averne, disse anche queste tremende parole: Già, la colpa in gran parte è del signor curato. Come? di che curato? domandò il Cardinale. Oh bella! del nostro, rispose Agnese. Il Cardinale domandò una spiegazione, e Agnese spiattellò tutta la storia del matrimonio, senza però far motto del clandestino. Federigo, che non voleva fare alcuna dimostrazione prima d'avere inteso il curato, per non manifestare un giudizio che forse avrebbe dovuto ritrattare, tacque, ma si legò al dito anche questa. Si rivolse alla buona donna, e le chiese se fino a tanto ch'egli avesse provveduta Lucia d'un[352] asilo, non le sarebbe stato grave di tenerla presso di sè. La buona donna fu contentissima, il Cardinale la ringraziò e pensò a darle qualche segno di ricompensa; e veduto dal suo abito e dal contegno che un dono di moneta l'avrebbe umiliata, prese da un picciolo scrigno un libretto di orazioni ben ornato e un rosario prezioso, e la pregò di ritenere queste memorie della sua riconoscenza. La buona donna ripose con molta gioja il dono, che si conserva tuttavia dai suoi discendenti con molta pietà e si fa vedere con molto amor proprio. Le donne partirono: Federigo accudì a quello che gli rimaneva di faccende per la visita; e sul far della sera partì da Chiuso, accompagnato da una gran folla, e s'incamminò alla volta di Maggianico, paese famoso per le sue campane.

[353]

FINE DELLA PARTE PRIMA

Share on Twitter Share on Facebook