VI.

La confessione di Lucia e il consiglio di Agnese.

Parla! parla! Parlate! parlate! gridavano in una volta la madre e Fermo. Lucia, atterrita, costernata,[627] vergognosa, singhiozzando, arrossando, sclamò: Santissima Vergine! Chi avrebbe creduto che le cose sarebbero giunte a questo segno! Quel senza timore di Dio dì Don Rodrigo veniva spesso alla filanda a vederci trarre la seta. Andava da un fornello all'altro, facendo a questa e a quella mille vezzi, l'uno peggio dell'altro: a chi ne diceva una trista, a chi una peggio e si pigliava tante libertà: chi fuggiva, chi gridava; e, pur troppo, v'era chi lasciava fare. Se ci lamentavamo al padrone, egli diceva: badate[628] a fare il fatto vostro, non gli date ansa, sono scherzi, e borbottava poi: gli è un cavaliere, gli è un uomo che può fare del male; è un uomo che sa mostrare il viso. Quel tristo veniva talvolta con alcuni suoi amici, gente come lui. Un giorno mi trovò mentre io usciva e mi volle tirar in disparte, e si prese con me più libertà: io gli sfuggii, ed egli mi disse in collera: ci vedremo: i suoi amici ridevano di lui ed egli era ancor più arrabbiato. Allora io pensai di non andar più alla filanda, feci un po' di baruffa colla Marcellina, per aver un pretesto, e vi ricorderete, mamma, ch'io vi dissi che non ci andrei. Ma la filanda era sul finire, per grazia di Dio; e per quei pochi giorni io stetti sempre in mezzo alle altre, di modo ch'egli non mi potè cogliere. Ma la persecuzione non finì: colui mi aspettava quando io andava al mercato, e vi ricorderete, mamma, ch'io vi dissi che aveva paura d'andar sola, e non ci andai più: mi aspettava quand'io andava a lavare, ad ogni passo: io non dissi nulla; forse ho fatto male: ma pregai tanto Fermo che affrettasse le nozze: pensava che quando sarei sua moglie colui non ardirebbe più tormentarmi; ed ora... Qui le parole della povera Lucia furono tronche da un violento scoppio di pianto.

—Birbone! assassino! dannato! sclamava Fermo, correndo su e giù per la stanza, e mettendo di tratto in tratto la mano sul manico del suo coltello.

—Ma perchè non parlare a tua madre? disse Agnese: se io l'avessi saputo prima...

Lucia non rispose, perchè la risposta, che si sentiva in mente, non era da darsi a sua madre: tutto il vicinato ne sarebbe stato informato. I singulti di Lucia la dispensavano dall'obbligo di parlare.

—Non ne hai tu fatto parola con nessuno? ridimandò Agnese.

[629]

—Si, mamma, l'ho detto al Padre Galdino in confessione.

—Hai fatto bene, ma dovevi dirlo anche a tua madre. E che ti ha detto il Padre Galdino?

[630]

—Mi ha detto che cercassi di evitare colui; che non vedendomi, non si curerebbe più di me; che affrettassi[631] le nozze; e che se durava la persecuzione, egli ci penserebbe.

[632]

—Oh che imbroglio! che imbroglio! riprese la madre.

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Fermo si arrestò tutt'ad un tratto; guardò Lucia con un atto di tenerezza accorata e rabbiosa e disse: questa è l'ultima che fa quel birbone.

—Ah no. Fermo, per amor del cielo, gridò Lucia,[634] gettandogli quasi le braccia al collo. No, per amor del cielo. Dio c'è anche pei poveri. Come volete ch'egli ci ajuti se facciamo del male?

—No no, per amor del cielo, ripeteva Agnese.

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—Fermo! disse Lucia, voi avete un mestiere ed io so lavorare, andiamo lontano tanto che costui non senta più parlare di noi.

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—Ah! Lucia! e poi? non siamo ancora marito e moglie: il curato vorrà farci la fede di stato libero?[637] non saremo pigliati come vagabondi? dove andarci a porre?

[638]

Lucia ricadde nel pianto. Sentite, disse Agnese; sentitemi, che son vecchia. Era questa una confessione[639] che la buona Agnese faceva di rado, in caso di somma necessità e quando si trattava di dar fede alle sue parole. Io ho veduto un poco il mondo: non bisogna spaventarsi troppo: il diavolo non è mai brutto come si dipinge; e a noi povera gente le cose pajono talvolta imbrogliate, imbrogliate, perchè non abbiamo la pratica per uscirne. Io ho veduto molte volte dei casi[640] che parevano disperati: un buon parere d'un uomo che aveva studiato aggiustò tutto. Fate a modo mio, Fermo. Pigliate quei quattro capponi, poveretti! che doveva sgozzare io questa mattina pel banchetto: teneteli bene stretti per le gambe, andate a Lecco: sapete dove abita il dottor Pèttola?.—Lo so benissimo.—Bene, andate da lui, presentategli i capponi:[641] perchè, vedete, quando si vede che uno può regalare, gli si dà retta. Contategli tutto il fatto, e domandategli parere. Eh ne ho visto io della gente che non sapevano dove dar del capo, che andando a consultarsi con lui non trovavano la strada, e dopo d'avergli parlato tornarono a casa vispi come un tincotto che saltellando nella barca, per disperazione, cade nell'acqua e si trova in casa sua. Fate così, Fermo.

Nelle situazioni molto imbrogliate il parere che piace più è quello di pigliar tempo per avere un altro parere definitivo: ogni consiglio che suggerisca una risoluzione presenta ostacoli, difficoltà, nuovi imbrogli: ma questo, di consigliarsi di nuovo e meglio, è semplice, non nuoce e nello stesso tempo dà una lusinga indeterminata che per questo mezzo si troverà una uscita.

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