Scena IV.

ANFRIDO, e DETTI.

DESIDERIO.

Che rechi, Anfrido?

ANFRIDO.

Sire, un legato è nella reggia, e chiede

Gli sia concesso appresentarsi ai regi.

DESIDERIO.

Donde vien? Chi l'invia?

ANFRIDO.

Da Roma ei viene,

Ma legato è d'un re.

ERMENGARDA.

Padre, concedi

Ch'io mi ritragga.

DESIDERIO.

O donne, alle sue stanze

La mia figlia scorgete; a' suoi servigi

Io vi destino: di regina il nome

Abbia e l'onor.

(ERMENGARDA parte con le Donzelle).

DESIDERIO.

D'un re dicesti, Anfrido?

Un legato... di Carlo?

ANFRIDO.

O re, l'hai detto.

DESIDERIO.

Che pretende costui? quali parole

[30]

Cambiar si ponno fra di noi? qual patto

Che di morte non sia?

ANFRIDO.

Di gran messaggio

Apportator si dice: ai duchi intanto,

Ai conti, a quanti nella reggia incontra,

Favella in atto di blandir.

DESIDERIO.

Conosco

L'arti di Carlo.

ADELCHI.

Al suo stromento il tempo

D'esercitarle non si dia.

DESIDERIO.

Raduna

Tosto i Fedeli, Anfrido, e in un con essi

Ei venga.

(ANFRIDO parte).

DESIDERIO.

Il giorno della prova è giunto;

Figlio, sei tu con me?

ADELCHI.

Sì dura inchiesta

Quando, o padre, mertai?

DESIDERIO.

Venuto è il giorno

Che un voler solo, un solo cor domanda:

Dì, l'abbiam noi? Che pensi far?

ADELCHI.

Risponda

Il passato per me: gli ordini tuoi

Attender penso, ed eseguirli.

DESIDERIO.

E quando

A' tuoi disegni opposti sieno?

[31]

ADELCHI.

O padre!

Un nemico si mostra, e tu mi chiedi

Ciò ch'io farò? Più non son io che un brando

Nella tua mano. Ecco il legato: il mio

Dover fia scritto nella tua risposta.

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