SCENA VI.

CARLO, DESIDERIO, ARVINO.

ARVINO.

Viva re Carlo! Al cenno tuo, dai valli

[111]

Calan le insegne; strepitando a terra

Van le sbarre nemiche; ai claustri aperti

Ognun s'affolla, ed all'omaggio accorre.

DESIDERIO.

Ahi dolente, che ascolto! e che mi resta

Ad ascoltar?

CARLO.

Nè si sottrasse alcuno?

ARVINO.

Nessuno, o re: pochi il tentar, ma invano.

Sorpresi nella fuga, d'ogni parte

Cinti, pugnar fino all'estremo; e tutti

Restar sul campo, quale estinto, e quale

Ferito a morte.

CARLO.

E son?

ARVINO.

Tale è presente,

A cui troppo dorrà, se tutto io dico.

DESIDERIO.

Nunzio di morte, tu l'hai detto.

CARLO.

Adelchi

Dunque perì?

DESIDERIO.

(ad ARVINO)

Parla, o crudele, al padre.

[112]

ARVINO.

La luce ei vede, ma per poco, offeso

D'immedicabil colpo. Il padre ei chiede,

E te pur anche, o sire.

DESIDERIO.

E questo ancora

Mi negherai?

CARLO.

No, sventurato. - Arvino,

Fa ch'ei sia tratto a questa tenda; e digli

Che non ha più nemici.

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