SCENA VII.

CARLO, DESIDERIO.

DESIDERIO.

Oh! come grave

Sei tu discesa sul mio capo antico,

Mano di Dio! Qual mi ritorni il figlio!

Figlio, mia sola gloria, io qui mi struggo,

E tremo di vederti. Io del tuo corpo

Mirerò la ferita? io che dovea

Esser pianto da te! Misero! io solo

Ti trassi a ciò: cieco amator, per farti

Più bello il soglio, io ti scavai la tomba!

Se ancor, tra il canto de' guerrier, caduto

Fossi in un giorno di vittoria! o chiusi,

Tra il singulto de' tuoi, tra il riverente

Dolor de' fidi, sul real tuo letto,

Gli occhi io t'avessi.... ah! saria stato ancora

Ineffabil cordoglio! Ed or morrai

Non re, deserto, al tuo nemico in mano,

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Senza lamenti che del padre, e sparsi

Innanzi ad uom che in ascoltarli esulta.

CARLO.

Veglio, t'inganna il tuo dolor. Pensoso,

Non esultante, d'un gagliardo il fato

Io contemplo, e d'un re. Nemico io fui

D'Adelchi; egli era il mio, nè tal, che in questo

Novello seggio io riposar potessi,

Lui vivo, e fuor delle mie mani. Or egli

Stassi in quelle di Dio: quivi non giunge

La nimistà d'un pio.

DESIDERIO.

Dono funesto

La tua pietà, s'ella giammai non scende,

Che sui caduti senza speme in fondo;

Se allor soltanto il braccio tuo rattieni,

Che più loco non trovi alle ferite.

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