SCENA IV.

Casa del Conte.

IL CONTE.

Profugo, o condottiero. O come il vecchio

Guerrier nell'ozio i giorni trar, vivendo

Della gloria passata, in atto sempre

Di render grazie e di pregar, protetto

Dal braccio altrui, che un dì potria stancarsi

E abbandonarmi; o ritornar sul campo,

Sentir la vita, salutar di nuovo

La mia fortuna, delle trombe al suono

Destarmi, comandar; questo è il momento

Che ne decide. Eh! se Venezia in pace

Riman, degg'io chiuso e celato ancora

In questo asilo rimaner, siccome

L'omicida nel tempio? E chi d'un regno

Fece il destin, non potrà farsi il suo?

Non troverò tra tanti prenci, in questa

Divisa Italia, un sol che la corona,

Onde il vil capo di Filippo splende,

Ardisca invidiar? che si ricordi

Ch'io l'acquistai, che dalle man di dieci

Tiranni io la strappai, ch'io la riposi

Su quella fronte, ed or null'altro agogno

Che ritorla all'ingrato, e farne un dono

A chi saprà del braccio mio valersi?

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