Odi

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NOTA. - La prima edizione a stampa del Cinque maggio non fu fatta dal poeta, ma comparve, non senza mende e inesattezze (perfino nel frontispizio!), a Lugano, sulla fine del 1822, con la versione latina di Erifante Eritense (al secolo Pietro Soletti di Oderzo). Il traduttore vi premise la seguente letterina ricevuta dal Manzoni, con la data di Milano, 20 giugno 1822:

«Chiarissimo signore, Le debbo doppj ringraziamenti, e pel pensiero ch'Ella ha avuto d'abbellire in versi latini quella mia Ode Ei fu, e per la gentilezza con la quale si è piaciuto di comunicarmi la sua bella versione. La prego di gradire le mie sincere congratulazioni: non posso esprimerle il sentimento da me provato alla replicata lettura della sua composizione; questo sentimento è stato il diletto che fanno nascere i bei versi. La copia dell'Ode da Lei comunicatami differisce dal testo in qualche piccola cosa. Le noto qui sotto le poche differenze per obbedirla, non già perchè Ella cangi nulla alla versione, la quale sta pur bene com'è. Rimango pieno di riconoscenza per l'onore ch'Ella m'ha fatto, e col più sincero ossequio.

Suo umiliss. devot. servitore

Alessandro Manzoni».

«St. 4: S'erge commosso - Sorge or commosso.

St. 7: Ferre - Serve.

St. 10: Ei sparre - E sparve.

St. 14: E ricordò - E ripensò».

Contemporaneamente, e magari qualche giorno prima, l'Ode fu pubblicata, insieme con la traduzione tedesca del Goethe, nel vol. IV, fasc. 1º, pag. 182-88, del giornale Ueber Kunst und Alterthum, ottobre o novembre del 1822. Il Goethe lesse e tradusse, nella str. E ripensò..., percorse valli invece di percossi valli. Quella sua traduzione egli la recitò alla Corte di Weimar l'8 agosto 1822. (Cfr. nella Cultura del Bonghi, fasc, del 1º febbraio 1883, una lettera di H. Simon di Berlino).

Il consigliere Grüner narra in una sua lettera d'aver sentito leggere dal Goethe stesso il testo dell'ode manzoniana. Il gran poeta, egli scrive, «era quasi trasfigurato e commosso, i suoi occhi mandavano scintille, la precisa accentazione di ogni parola e insieme l'espressione m'incantavano; e quando ebbe finito, ci fu un momento di pausa. Ci guardammo a vicenda, e leggemmo il nostro entusiasmo l'uno negli occhi dell'altro. Non è vero, riprese Goethe,[492] non è vero che Manzoni è un gran poeta? Io vorrei, gli risposi, che Manzoni fosse stato presente a questa declamazione: egli avrebbe avuto un ampio compenso dell'opera sua». (Cfr. L. Senigaglia, Relazioni di Goethe e di Manzoni, nella Rivista Contemporanea, Firenze, 1888).

Annota il Bonghi (Op. ined. o rare, I, 15-16): «Certo che il Manzoni non la pubblicò lui. Dopo averla scritta, la mandò alla Censura per ottenerne licenza, e questa gliela negò. Ma egli, come raccontava, aveva usato un piccolo sotterfugio: alla Censura ne aveva mandato due copie, facendo conto che qualcuno degl'impiegati di polizia n'avrebbe trafugata una, e così la poesia si sarebbe divulgata. Il che appunto accadde, e sin dal giorno dopo tutta Milano la leggeva, senza che all'autore se ne potesse far colpa». - Dalle Carte segrete della polizia austriaca (II, 317) si apprende come, ancora nel 1823, «la polizia di Vicenza avvertisse essersi sparsa un'ode in morte di Napoleone, della quale sospettavasi autore un tal Manzoni di Verona, mentre poi un poliziotto letterato, il Lancetti, ne asseriva autore il Monti!». (Cfr. D'Ancona, Poesie di A. M., Firenze, Barbèra, 1892, p. 88).

Riproduco il testo dell'edizione autentica delle Opere varie, 1845, ponendo a pie' di pagina le varianti dell'edizione di Jena 1827. Per alcuni emendamenti alle copie che correvano manoscritte, cfr. la lettera del Manzoni al Pagani, del 15 novembre 1821; e per tutto il resto, D'Ovidio, Discussioni manzoniane, pag. 198 ss.

L'ode Marzo 1821 e il frammento Il proclama di Rimini furono la prima volta stampati in un opuscoletto di 15 pagine, a Milano, tipografia di Giuseppe Redaelli, nel 1848, col titolo: Pochi versi | inediti | di Alessandro Manzoni, Nel verso della pagina di frontispizio è questa avvertenza: «Edizione messa sotto la tutela delle veglianti leggi e convenzioni, e che si vende una lira italiana, in favore dei profughi veneti, per cura della Commissione Governativa delle offerte per la causa nazionale. - NB. Si riterranno contraffatte tutte le copie che non portassero il marchio della Commissione suddetta». Difatto, sul frontispizio della copia che possiedo, c'è un bollo rotondo, con dentro scrittovi: Gov.º Provv.º | Commissione | delle offerte. - In quel medesimo anno fortunoso, furon di quei versi fatte altre tre edizioni, a Milano «luglio 1848», a Venezia e a Livorno. - Di poi, nel 1860, il Manzoni li fece ristampare coi tipi e nel sesto dell'edizione delle Opere varie del 1845, continuando la numerazione di queste, e ripetendone, completato, l'indice. Nella copia che ho tra mani, essi fanno corpo col resto, senza che appaia traccia visibile del diverso anno della stampa.

Riproduco quest'ultimo testo, riscontrandolo con quello dell'opuscoletto del 1848, quasi in tutto identico.

Scherillo.

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