VI. UN’ESPOSIZIONE FUTURISTA NAVALE

La caserma di S. Benigno a Genova ha tutti i difetti delle caserme, ma una qualità eccezionale che la rende forse unica al mondo ed è quella di cavalcare con la sua mole rossa il promontorio montagnoso del Faro. Domino così facendo colazione su una delle terrazze: a sinistra l’anfiteatro di Genova coi suoi vetri in fiamme, tetti d’ardesia verniciati di argento solare, e pensili giardini tropicali. Davanti, il colmo alto mare di cobalto; a destra, le criniere di fumo di Sampierdarena; e sotto, il porto formicolante irto e fumoso.

Mi pare di essere sulla terrazza di un meraviglioso grattacielo italiano. Giù, giù, il porto lavora energicamente per la guerra mondiale. Grande bocca d’Italia aperta ai carboni che cortei di navi le portano sfuggendo ai sottomarini, microbi circolanti nelle vene-arterie del mare.

Uno di questi cortei di navi si abbozza confusamente, sull’arco dell’orizzonte. I carboni ingoiati dai treni corrono facendo correre le forze che nutriranno il fronte congestionato di fuoco. Sotto di me, navi e treni mescolati.

I treni s’intrufolano fra le navi. Simmetrie eleganti disinvolte di rotaie a fasci argentei. Le rotaie luccicano imperative come leggi davanti ai treni lentissimi asmatici, sotto fumi rivoluzionarii. Peso delle chiatte incastrate nell’acqua carbonosa. Sono scaricate da omini microscopici che portano velocemente sulla testa coffe di carbone correndo sull’oscillare elastico delle assi sospese. Andirivieni degli omini fra le chiatte e i cumuli di carbone alti e cosparsi di brilli. Brillano pure i torsi nudi sudati.

In alto il sole comanda, dirige tutto, meccanico sanguigno dalle roteanti braccia d’oro dirigendo le antenne, le gru e gli elevatori elettrici che viaggiano su ponti di ferro pattinando oleosamente e portando a braccio teso mascelle metalliche ghiotte di carbone.

Una dura volontà solidale di guerra fa gonfiare i bicipiti degli elevatori che girano orgogliosamente sui piedi uniti per farsi ammirare come buoni patrioti da tutte le case attentissime dell’anfiteatro-porto.

Ribollimento frenetico d’oro solare fra le navi. Spirali, fantasie, ramificazioni dei fumi bianchi-grigi, perlacei che salutano i lontanissimi combattenti.

Ma insiste la pressione dell’alto mare colmo di cobalto che vuole straripare sull’orlo della diga: cobalto freschissimo che schizza, balza dai moli al mio colletto di mitragliere S. Etienne, e si frange blu sui vetri dell’ultimo piano di S. Benigno. Questi vetri si offrono bersaglio ai cannoni di una possibile squadra nemica.

S’avanza invece e si delinea in alto mare un corteo amico di navi variopinte.

12. No! 22. Altre ancora si sbozzano. Sono 29.

Il sole le vernicia. Balzano, lingueggiano, s’intrecciano le linee colorate dinamiche sui loro scafi alberi e ciminiere. Tutte camuffate. Poichè non possono entrare nel porto già pieno, esse si dispongono in lunga fila parallela alla diga. Lo spettacolo mi gonfia d’entusiasmo. Volo coi miei sguardi che si avventano gioiosi verso le navi. Grido ai miei amici mitraglieri tutti in piedi, tutti presi al collo dal blu inebriante dell’alto mare:

— Ecco la prima grande esposizione futurista! Una sala alta 50 Km. dal pavimento di cobalto. Ventinove giganteschi quadri e complessi plastici colorati in movimento. Guardate! Quella linea rosea sulla prima nave a destra, quella linea slanciata che si arrotonda suggerisce l’idea di una poppa di nave mentre ne copre il ventre in realtà. La vera poppa essendo colorata in turchino, come vedete, vien presa a distanza per il turchino dell’alto mare... Sulla seconda nave l’angolo acuto nero quasi a fior d’acqua suggerisce l’idea di un basso bompresso di piccolo veliero. Queste navi furono camuffate dagli armatori inglesi sui disegni del pittore futurista inglese Newinson allievo e ammiratore di Balla e di Boccioni. Così il genio futurista italiano, imprimendo attraverso le sue esposizioni europee i suoi ritmi dinamici e le sue volanti colorazioni all’ingegno plastico inglese, può vincere la cubatura pesante tedesca e i suoi pericolosi sottomarini. Ogni nave così trasfigurata contiene 4 o 5 illusioni di mezze o piccole navi da trascurare o da sbagliare tirandoci sopra.

I pittori futuristi nei quadri precedenti creavano compenetrazioni e simultaneità di linee e colori nel tempo e nello spazio. Volumi e colori dell’esterno-interno apparente-reale lontano-vicino, colore, peso, odore, rumore da suggerire a noi che li guardavamo.

I pittori futuristi che dipinsero queste grandi navi o complessi plastici-naviganti vogliono anch’essi con le loro linee compenetrate e le loro simultaneità di colore e forma, suggerire ciò che non c’è, nascondere ciò che c’è, traendo in inganno e beffeggiando i sottomarini in agguato! Ah! ah! ridiamo, amici, ridiamo di gioia poichè tutti i simboli si armonizzano e si perfezionano. I sottomarini altro non sono che critici passatisti di questa grande esposizione futurista navigante. Critici pieni di bile compressa e d’invidia, che sognano di uccidere le lampeggianti sfolgoranti creazioni del genio novatore. Inutile spiegare! Il sole è il più sollecito e più eloquente dei conferenzieri e il più chiaro illustratore.

La fila delle navi-quadri s’immobilizza, a 3 Km. da Sampierdarena, nel mare. Andiamo, amici, a visitare a nuoto la prima grande esposizione futurista!

Mezz’ora dopo tutti in costume da bagno entravamo in mare allo stabilimento Colombo vera tonnara di donne e bambini. Cento salvagenti verdi, costumi neri, cuffie rosse. Vasto guizzare e anguillare di braccia e gambe. Grassi mappamondi rammolliti. Corrono bambini come piccole stelle di carne. Migliaia di scimmie scimmioni scimmiette. Donne e bambini aggrappati alla corda, sono violentemente strappati dall’ondata schiumante pigiati, spremuti come frutti banani pere o datteri sopra un unico gambo investito dal vento. L’ondata si precipita sui bagnanti come la voluttà si slancia sui nervi. Colle mani pesanti di schiuma, rotola, impasta, strizza, pesta, spalma questa pasta di femmine, d’imbelli e d’imboscati per insegnar loro un po’ di guerra. Tra le potenti dita bianchissime del mare la pasta umana sprizza il suo lievito di paura.

iiiiiiiii        ui        ui

        iii

        iii

nitriti        gridiii

        guaiiiti.

L’umanità subisce il coito delle forze. Ecco, donne e bambine si avanzano con paura-coraggio, frenetica allegria e isterico terrore contro l’urto dell’ondata... Voglio, non voglio, temo, ho paura scappiam, restiamo, pigliamola in faccia. Dio! i capelli!... Tutta bagnata!... Che freddo! l’acqua sulle gambe e sul ventre! Mi do a te, mi apro tutta a te, mare rude, potente invadente massiccio, mare sverginatore, uccidimi possiedimi mare guerra, eroismo massacro! Ho paura, mi fai male, sei troppo brutale, mi piaci, ti odio!...

Aiii Aiii Siii Siiii

Aaaaaaaaa iiiii

Una mamma va incontro all’ondata portando fra le mani un grosso tondo bambino nudo. Sembra volerlo lanciare con un calcio di foot-ball contro l’irruente alta schiuma, che crolla

Taaaraagiiiiuuu

gggiiii uuuu

giaaaa.

Disinvolta, quella mamma! Sembra snaturata. Eroica certo e il destino la ricompensa poichè il suo tondo marmocchio ruzzola nell’onda, capriola ed eccolo più sano di prima sulla sabbia. Vorrei l’Italia fosse così disinvolta nel lanciar la sua prole contro il nemico che schiuma di rabbia e d’odio eterno come il mare.

— Amici! grido allora, usciamo da questa coloratissima tavolozza che ha per colori donne e bambini e ondate schiumose!

A nuoto ci lanciamo nel ribollimento argenteo abbagliante verso il pavimento di cobalto della grande esposizione futurista da visitare. Lontano qua e là, a destra, teste nere d’altri visitatori. Barche nerissime irte di rematori e simili a pettini neri coi denti al cielo. Tentano di criticare, discutere nella pienezza geniale del mare che bolle sicuro di sè. Piove fuoco argenteo vivo di gioia artistica. Ogni onda ha una sua idea in cresta che fiammeggia. Per essere più degno e più intriso d’arte sublime mi arrampico su un trampolino e

Patapluum Plufff
giaaaa ggggggggg di schiuma

Nuoto sott’acqua a occhi aperti, vedo in alto una volta incendiata. Scintille di rumori nelle orecchie blublublublu bloblo tlac tloc gott gluglu.

Emergo. Luce anguillante di pittura futurista in ogni onda. Elastici tessuti di riflessi viola gialli, verdi, azzurri. Si prolungano così ramificandosi i sincronismi celesti dei raggi.

Il mare è una tavolozza sovraccarica di colori. Pennello vivente, voglio nuotandovi dentro dipingere anch’io un quadro.

Comincio col nuotare alla rana. Formo così un groviglio duro di linee. Poi a destra, nuoto alla marinara sul fianco come le donne formando una capigliatura di linee molli sfumate. Balzo a sinistra e nuoto over facendo ruotare il braccio sinistro col braccio destro teso in avanti. Dipingo nell’acqua una ruota. Mi slancio con un braccetto vigoroso facendo ruotare alternativamente le due braccia, ma tenendo la testa fuor d’acqua.

Nel mare si dipingono così due ruote davanti alla prima ruota. Tuffo la testa nell’acqua accelerando il doppio movimento alternato delle mie due braccia rotanti. Intuisco con gioia il liquido meccanismo di orologeria colorato che nasce da me.

Vedo accendersi il rosso di quella nave camuffata come un incendio, torcersi quella spirale azzurra intorno alla ciminiera come una molla gigantesca sulla quale una nuvola elasticamente molleggia come un saluto di padre eroico al figlio combattente.

Gioia di rinvigorire il corpo perfezionandone i tessuti, aguzzandone i muscoli, perchè scattino dalla schiena ai piedi come una codata di pesce! Gioia di acquistare la potenza guizzante d’un grande pesce-spada prima di partire per il fronte. Le bocche dei cannoni nemici amano simili pesci temerari. Mi succhio un dito. Sono fresco e saporito. Il pasto dei cannoni, porrebbe essere veramente succulento. Ma la fortuna sorride ai grandi pesci audaci che ora come me si nutrono lo stomaco del buon carbone tot igienico che le navi-quadri- futuristi spargono sul mare.

A grandi bracciate, facciamo il giro solenne dei conoscitori di quadri. Intorno ad ogni nave camuffata coloratissima ride il pavimento liquido moltiplicando la bollente gioielleria dei riflessi. Chi può comperare pescecanescamente l’opera impagabile? Le navi a tinte rosee hanno intorno a loro mille riflessi di carne femminile come migliaia di donne bagnanti che applaudano. Le navi a tinte purpuree e gialle hanno intorno dei riflessi in forma di vetrate insanguinate e rotte e talvolta l’intera cattedrale di Reims sommersa. Il sole stanco di conferenze e proiezioni sulla lavagna del cielo abbandona la sala della grande esposizione. Occhiata d’oro vermiglio, fronte e calvizie di fuoco sereno!

— Somiglia alla tua! mi grida un compagno, nuotando.

Sulla calvizie del sole si posano con ali febbrili di farfalle, due idrovolanti.

Torniamo con un ampio giro che ci conduce verso gli affastellamenti di tettoie e camini e la foresta di fumi Ansaldo. Nuotiamo come squali guidati dalle gigantesche carni sanguinolente che gli alti forni sembrano masticare. Magnetismo delle colate d’acciaio. Il ritmo delle presse e dei magli titanici cadenza le nostre bracciate, mentre la nostra bocca sputa schiuma bianca come i torni sputano limatura argentea.

Entriamo sempre più nell’oceanica sinfonia dei rumori del ferro in rissa col ferro. Attacchi e contrattacchi, boxe. Fierezza dell’acciaio, Cocciutaggine di colossi in fusione. Nell’aggrovigliato paesaggio di rumori ormai quasi buio si accaniscono a quando a quando le immense fruste e i lazos delle fiamme rosse. Fiuto la presenza di mille cannoni antiaerei nuovi sui loro candelieri colla bocca al cielo pronta ai lunghi sputi precisissimi di fuoco zenitale.

Sono nuovi pennelli ultra-dinamici di Balla per ridipingere le nuvole all’aurora. Fiuto le nuove Tanks già costruite con un volantista un cannoniere e un cannone da 37, serrate, armatissime, ultrasintetiche come libri futuristi.

Vedo poi giganteggiare il cannonissimo 381 allungato che dovrà tirare da Venezia a Pola (130 Km.) simbolo perfetto del genio italiano a lunghissima portata.

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