4.

Accanito inseguimento... Ecco scavalcato il Gange! Finalmente il soffio impetuoso dei nostri petti fugò davanti a noi le nuvole striscianti, dagli avvolgimenti ostili, e noi scorgemmo all’orizzonte i sussulti verdastri dell’Oceano Indiano, a cui il sole metteva una fantastica museruola d’oro... Sdraiato nei golfi di Oman e del Bengala, esso preparava perfidamente l’invasione delle terre.

All’estremità del promontorio di Cormorin, orlato di una poltiglia di ossami biancastri, ecco l’Asino colossale e scarno la cui groppa di cartapecora grigiastra fu incavata dal peso delizioso della Luna... Ecco l’Asino dotto, dal membro prolisso rammendato di scritture, che raglia da tempo immemorabile il suo rancore asmatico contro le brume dell’orizzonte, dove tre grandi vascelli s’avanzano immobili, con le loro velature simili a colonne vertebrali radiografate.

Subito, l’immensa mandra delle belve cavalcate dai pazzi protese sui flutti musi innumerevoli, sotto il turbinìo delle criniere che chiamavano l’Oceano alla riscossa. E l’Oceano rispose all’appello, inarcando un dorso enorme e squassando i promontorî prima di prender lo slancio. Esso provò lungamente la propria forza, agitando le anche e ripiegando il ventre sonoro fra le sue vaste fondamenta elastiche. Poi, con un gran colpo di reni, l’Oceano poté sollevare la propria massa e sormontò la linea angolosa delle rive... Allora, la formidabile invasione cominciò.

Noi marciavamo nell’ampio accerchiamento delle onde scalpitanti, grandi globi di schiuma bianca che rotolavano e crollavano, docciando le schiene dei leoni... Questi, allineati in semicerchio intorno a noi, prolungavano da ogni parte le zanne, la bava sibilante e gli urli delle acque. Talvolta, dall’alto delle colline, guardavamo l’Oceano gonfiare progressivamente il suo profilo mostruoso, come un’immensa balena che si spingesse innanzi su un milione di pinne. E fummo noi che lo guidammo così fino alla catena dell’Imalaia, aprendo, come un ventaglio, il formicolìo delle orde in fuga che volevamo schiacciare contro i fianchi del Gorisankar.

— Affrettiamoci, fratelli miei!... Volete dunque che le belve ci sorpassino? Noi dobbiamo rimanere in prima fila malgrado i nostri lenti passi che pompano i succhi della terra... Al diavolo queste mani vischiose e questi piedi che trascinano radici!... Oh! noi non siamo che poveri alberi vagabondi! Vogliamo delle ali!... Facciamoci dunque degli aeroplani.

— Saranno azzurri! — gridarono i pazzi — azzurri, per sottrarci meglio agli sguardi del nemico, e per confonderci con l’azzurro del cielo, che, quando c’è vento, garrisce sulle vette come un’immensa bandiera.

E i pazzi rapirono mantelli turchini alla gloria dei Budda, nelle antiche pagode, per costruire le loro macchine volanti.

Noi ritagliammo i nostri aeroplani futuristi nella tela color d’ocra dei velieri. Alcuni avevano ali equilibranti e portando i loro motori, s’inalzavano come avoltoi insanguinati che sollevassero in cielo vitelli convulsi.

Ecco: il mio biplano multicellulare a coda direttiva: 100 HP, 8 cilindri, 80 chilogrammi... Ho fra i piedi una minuscola mitragliatrice, che posso scaricare premendo un bottone d’acciaio...

E si parte, nell’ebbrezza di un’agile evoluzione, con un volo vivace, crepitante, leggiero e cadenzato come un canto d’invito a bere e a ballare.

— Urrà! Siam degni finalmente di comandare il grande esercito dei pazzi e delle belve scatenate!... Urrà! Noi dominiamo la nostra retroguardia: l’Oceano col suo avviluppamento di schiumanti cavallerie!... Avanti, pazzi, pazze, leoni, tigri, e pantere! Avanti, squadroni di flutti!... I nostri aeroplani saranno per voi, a volta a volta, bandiere di guerra e amanti appassionate! Deliziose amanti che nuotano, aperte le braccia, sull’ondeggiar dei fogliami, o che indugiano mollemente sull’altalena della brezza!... Ma guardate lassù, a destra, quelle spole azzurre... Sono i pazzi, che cullano i loro monoplani sull’amaca del vento del sud!... Io intanto, sto seduto come un tessitore davanti al telaio e vo tessendo l’azzurro serico del cielo!... Oh! quante fresche vallate, quanti monti burberi, sotto di noi!... Quanti greggi di pecore rosee, sparsi sui declivi delle verdi colline che si offrono al tramonto!... Tu le amavi, anima mia!... No! No! Basta! Tu non godrai più, mai più, di simili insipidezze!... Le canne colle quali un tempo facevamo delle zampogne formano l’armatura di questo aeroplano!... Nostalgia! Ebbrezza trionfale!... Presto avremo raggiunti gli abitanti di Podagra e di Paralisi, poiché voliamo rapidi ad onta delle raffiche avverse... Che dice l’anemometro?... Il vento che ci è contrario ha una velocità di cento chilometri all’ora!... Che importa? Io salgo a duemila metri, per sorpassare l’altipiano... Ecco! Ecco le orde!... Là, là, davanti a noi, e già sotto ai nostri piedi!... Guardate, laggiù, a picco, fra gli ammassi di verdura, la tumultuante follia di quel torrente umano che s’accanisce a fuggire!... Questo fracasso?... È lo schianto degli alberi! Ah! Ah! Le orde nemiche sono ormai cacciate contro l’alta muraglia del Gorisankar!... E noi diamo loro battaglia!... Udite? Udite i nostri motori come applaudono?... Olà, grande Oceano Indiano, alla riscossa!

L’Oceano ci seguiva solennemente, atterrando le mura delle città venerate e gettando di sella le torri illustri, vecchi cavalieri dall’armatura sonora, crollati giù dagli arcioni marmorei dei templi.

— Finalmente! Finalmente! Eccoti dunque davanti a noi, gran popolo formicolante di Podagrosi e di Paralitici, lebbra schifosa che divora i bei fianchi della montagna... Noi voliamo rapidi contro di voi, fiancheggiati dal galoppo dei leoni, nostri fratelli, e abbiamo alle spalle l’amicizia minacciosa dell’Oceano, che ci segue da vicino per impedire che s’indietreggi!... È soltanto una precauzione, poiché non vi temiamo!... Ma voi siete innumerevoli!... E potremmo esaurire le nostre munizioni, invecchiando durante la carneficina!... Io regolerò il tiro!... L’alzo a ottocento metri! Attenti!... Fuoco!... Oh! l’ebbrezza di giocare alle biglie della Morte!... E voi non potrete carpircele!... Indietreggiate ancora? Questo altipiano sarà presto superato!... Il mio aeroplano corre sulle sue ruote, scivola sui pattini e s’alza a volo di nuovo!... Io vado contro il vento!... Bravissimi, i pazzi!... Continuate il massacro!... Guardate! Io tolgo l’accensione e calo giù tranquillamente, a volo librato, con magnifica stabilità, per toccar terra dove più ferve la mischia!

«Ecco la furibonda copula della battaglia, vulva gigantesca irritata dalla foia del coraggio, vulva informe che si squarcia per offrirsi meglio al terrifico spasimo della vittoria imminente! È nostra, la vittoria... ne sono sicuro, poiché i pazzi lanciano già al cielo i loro cuori, come bombe!... L’alzo a cento metri!... Attenti!... Fuoco!... Il nostro sangue?... Sì! Tutto il nostro sangue, a fiotti, per ricolorare le aurore ammalate della Terra!... Sì, noi sapremo riscaldarti fra le nostre braccia fumanti, o misero Sole, decrepito e freddoloso, che tremi sulla cima del Gorisankar!...

F. T. Marinetti

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