4. Su Claire Lacombe, Pauline Léon e Jean-Théophile Leclerc.

Claire Lacombe (1765-?), arrestata il 2 aprile 1794, passò per le prigioni parigine di Port-Libre, del Plessis e di Sainte-Pélagie per poi finire a quella del Luxembourg, dove ritrovò i suoi amici Pauline Léon (1768-1838) e Jean-Théophile Leclerc (1771-?). I due si erano sposati nel novembre del 1793 (il contratto di matrimonio porta la data del 22 brumaio). In quell’occasione, Pauline dichiarava di aver ripreso l’attività di famiglia, cioè la produzione e il commercio di cioccolata. Poco più tardi, Théophile aveva ricevuto la chiamata alle armi e si era trasferito a La Fère, nell’Aisne, sede di una famosa scuola di artiglieria. Qui lo raggiunse la moglie. I due vennero arrestati il 3 aprile e condotti al carcere del Luxembourg tre giorni dopo.

In seguito alla caduta di Robespierre, Pauline e Claire scrissero diverse lettere e petizioni per chiedere la grazia, anche a nome dei loro ottocento compagni di galera, firmandole rispettivamente «Cittadina Léon, donna Leclerc» e «Cittadina Lacombe, donna libera».

Nella richiesta di rilascio scritta da Claire Lacombe e datata 24 termidoro, si legge:

La mia condotta è stata quella di una donna onesta e degna della libertà che ho sempre difeso. Ho sacrificato alla nazione tre anni della mia vita; e non avendo né figli né marito, considererò motivo di felicità il servirla ancora.

Trascorsa una settimana da queste parole, Théophile e Pauline varcano il cancello del carcere e le loro sagome si perdono tra la folla. Sappiamo solo, da una lettera in favore del fratello incarcerato, che nel 1804 Pauline viveva a Parigi come istitutrice e che, probabilmente, suo marito era vivo (infatti si firma ancora: «donna Ledere»). Nel 1835, troviamo il suo nome tra gli eredi del fratello morto, e possiamo così localizzarla nel villaggio di Bourbon-Véndée, domiciliata in casa della sorella. Infine, nei volumi dello stato civile del comune di Bourbon-Vendée (oggi La Rochesur-Yon), l’atto di decesso n. 215 del 1838 riguarda Anne-Pauline Léon, vedova Ledere, morta il 5 ottobre all’età di settantanni.

Claire Lacombe, al contrario dei coniugi Ledere, non riuscì a farsi rilasciare altrettanto rapidamente.

L’unica testimonianza che la riguarda durante il periodo di detenzione è contenuta in uno scritto di Joachim Vilate, agente del comitato di salute pubblica e giurato del tribunale rivoluzionario. Finito in carcere come «robespierrista», l’autore tentò di scagionarsi con vari scritti. Tra questi: I misteri della madre di Dio svelati, terzo volume delle Cause segrete della rivoluzione del 9 e 10 termidoro, pubblicato a Parigi il 27 gennaio 1795.

A pagina 40, scrive Vilate:

Tre giorni fa sono sceso nella galleria di questa casa d’arresti, per acquistare, come tutte le sere, una candela. La gente ignora chi sia la bottegaia, esempio sorprendente dei colpi imprevisti della rivoluzione. Ci si ricorda piuttosto la celebre Lacombe, attrice rinomata, e presidente della società fraterna delle amazzoni rivoluzionarie, ed è lei che s’è messa a fare la commerciante, per i minuti piaceri dei prigionieri di stato, suoi compagni di sventura. Strano effetto delle volgari idee di merce e profitto! Prima che prendesse questa decisione, la si poteva immaginare, sulla scena, pronta a interpretare il suo ruolo, la testa alta, lo sguardo fiero, l’incedere maestoso; ora invece semplice, gentile con i clienti, non è più che una piccola borghese modesta, tirata a quattro spilli, esperta nel vendere la sua mercanzia al prezzo più alto. Incarta, per cortesia, la candela in un fazzoletto di carta che vale da solo i cinquanta soldi ai quali la vende; tocca pagare, ogni sera, questa somma, senza contare il prezzo di qualche piccola mela renetta, che vende a sette soldi l’una.

Due dossier, conservati nell’archivio nazionale di Francia a nome Lacombe, registrano il fatto che la donna uscí di prigione il I° fruttidoro, anno III (18 agosto 1795) e che tre mesi più tardi era in cartellone nei teatri di Nantes, dove trovò ingaggio come attrice per recitare nei ruoli di «regina, nobildonna e gran maliarda». Tornò a Parigi nel pratile dell’anno VI (1798), ma pochi mesi dopo fece perdere ogni traccia di sé. Non si conoscono né il luogo né la data di morte. L’ultimo documento che la riguarda è la nota di un informatore di polizia, datata 16 settembre 1798, conservata in uno dei due dossier summenzionati. In essa si legge che Claire Lacombe lasciò la capitale in compagnia di una donna che lei stessa aveva fatto assumere come sarta di scena in uno dei teatri dove recitava. Di costei non è menzionato il nome.

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