11.

Marie Nozière camminava con il figlio per mano. Se lo tirava dietro: voleva star certa che la seguisse a casa e non si perdesse apposta in mezzo alla gente per fare il vagabondo tutto il giorno. Intorno a loro qualcuno andava di lungo a lanciare in aria il cappello, altri scambiavano baci e abbracci. Molti si accalcavano nelle taverne, le mescite di vino erano piene. Chi vendeva felicità in fiaschi e bottiglie faceva ottimi affari, pensò Marie. Nei vicoli c’era gente che svuotava la vescica messa a dura prova dal gelo, dalla birra e dal vino: uomini in piedi contro i muri pisciavano a fiotti, e donne accovacciate facevano rivoli da sotto le gonne.

Il ragazzino ridacchiò e guadagnò un altro scapaccione.

Sull’uscio di casa c’era già un capannello di cuffie, sottane e coccarde.

– Ecco Marie!

L’allegria delle donne fu un abbraccio brusco e caldo nel gelo del giorno.

– Te l’hai visto bene?

– Macché... – rispose Marie. – Piccolo piccolo.

– Sophie s’è macchiata lo scialle.

Una di loro mostrò il tessuto come fosse uno stendardo.

Un’altra diede di gomito a Marie.

– Dovevi sentire cos’ha promesso a Sanson se le mollava il codino del re...

– Si, un pezzo del re per un pezzo del boia. E che gran pezzo! – sghignazzò un’altra.

Marie lanciò loro un’occhiataccia.

– Non dite ’ste cose davanti al garzo, merda!

Rifilò uno schiaffo al figlio, come fosse colpa sua. Quello provò a protestare, ma temette che la madre gliene mollasse un altro, e preferì starsi zitto.

– Invece le tue belle parole le può sentire, madama? – la sfotterono le altre.

– Comunque bisogna festeggiare.

– Bisogna.

– Porca merda se bisogna.

D’un tratto si zittirono, riconoscendo il tizio che si avvicinava.

– Attente, ronza la cagnaccia, – disse piano una.

– Chete, – intimò Marie. – Questo lo conosco, non morde.

L’amica scrollò le spalle: – Te mi sa che ti assaggerebbe volentieri...

Marie la ignorò.

– Cosa cerchi, Treignac?

L’uomo fu trafitto dagli occhiacci delle donne. Lo chiamavano Treignac, come il villaggio della Corresa dov’era nato. In realtà si chiamava Passounaud, ma non lo sapeva quasi nessuno. Lui stesso si presentava a tutti come Treignac. Rispose con un’altra domanda:

– Eri in piazza?

– No, a farmi il bagno nella Senna. E te? Sei venuto per ingabbiarci?

– No, be’... – disse quello grattandosi la testa. – Pensavo che si poteva brindare.

Tirò fuori da sotto il pastrano un fiasco di vino e sulla faccia gli si aprí un mezzo sorriso.

Marie fece un gesto per indicare le compagne.

– Che aspettiamo? Brindiamo.

Treignac la guardò deluso, ma lei gli tolse il fiasco dalle mani.

– Viva la Repubblica! – disse. Diede un sorso e lo passò alle altre. Il fiasco fece il giro di mani e bocche, un «Viva!» a ogni gollata, fino a tornare, quasi vuoto, al punto di partenza.

Bevve anche Treignac. Marie indicò il ragazzino.

– Il mio Bastien non lo fai bere?

Quando anche il garzo ebbe avuto il suo sorso, Marie invitò le amiche in casa.

– Te aspetta qui, vé, – ordinò al figlio. – Quando esco voglio trovarti, altrimenti te le suono.

Detto questo girò la chiave nella toppa ed entrò, seguita dalle altre, che lanciarono sorrisetti e battute a mezza voce all’indirizzo di Treignac. La porta fu richiusa.

L’uomo sospirò e scompigliò i capelli del ragazzo.

– Di’ un po’, l’hai vista la testa?

Quello tirò su col naso.

– Nossignore, – disse. – Stavo troppo sotto.

L’uomo strinse un occhio e si chinò in avanti.

– Sanson è un mio compare, – mormorò con aria complice mentre prendeva di tasca un pezzetto di stoffa sfilacciato. – Mi ha tenuto da parte un brandello della giacca del re. Prendilo, è tuo.

Il ragazzo rimase incantato a osservare la reliquia. Poi allungò una mano arrossata dal freddo e agguantò il cimelio. Treignac fece per andarsene, ma Bastien lo trattenne per il pastrano.

– Prendimi con te, Treignac!

– A fare che?

– A pescare gli amici del re. Conosco tutte le muste di Sant’Antonio, ce le ho stampate qui –. Si batté la fronte.

– Nessuno mi bada e io bado a tutti.

Treignac sogghignò.

– Hai anche una bella lingua... – sembrò valutare i pochi chili d’ossa e carne che aveva davanti. – E il moccio al naso –. Infine aggiunse: – Fatti trovare qui quando ripasso e ne parliamo.

Ciò detto, se ne andò per dov’era venuto.

Il ragazzo sedette sul gradino e prese a rigirare tra le mani il frammento di stoffa regale. Quello si che sarebbe durato. Più di una macchia di sangue sullo scialle. Anche più di una ciocca di capelli.

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