Il romanzo si divide in tre periodi, e comprende due anni: dal 1628 al 1630. Comincia la sera del 7 novembre 1628 colla passeggiata di Don Abbondio.
Ma avanti ch'io prosegua, permettetemi, o Signore, una domanda: avete mai letto i Promessi Sposi?... Non intendo di offendervi con questa domanda. Voi sapete che un giovane di molto ingegno [49] e del quale avete ammirato in questa sala la cultura e l'eloquenza, qualche settimana fa ingenuamente confessava al pubblico, scrivendo un bellissimo articolo, che era arrivato alla virilità senza aver letto i Promessi Sposi. Quindi io, parlando, dovrò tener conto di due ipotesi, di quella parte del mio pubblico cortese che ha letto i Promessi Sposi e di quella parte che per caso non li avesse letti. Se non li aveste letti, io vi consiglio a leggerli; e prevedo allora che li rileggerete, perchè intorno ai Promessi Sposi del Manzoni si può dire quello che dicono gli spagnuoli del Don Chisciotte del Cervantes: che si può non leggerlo, ma una volta letto bisogna leggerlo una seconda volta. Il racconto dunque comincia colla passeggiata di Don Abbondio, in quel vespro memorabile del 7 novembre 1628, e la prima parte va fino alla fuga di Lucia a Milano. Qui si chiude il primo periodo. Poi viene la seconda parte che è tutta occupata dai grandi avvenimenti della guerra per la successione di Mantova, la peste e via discorrendo. Questa la parte incriminata dal Goethe il quale scriveva al Cousin e diceva all'Eckermann: «Peccato che il Manzoni si sia abbandonato troppo alla compiacenza di narrare questi fatti! Egli mi ha l'aria di un uomo che esamina nella luce, poi ad un tratto entra in un pezzo d'ombra. Ma a [50] breve andare egli percorre questo tratto d'ombra e risale e riesce nella luce gloriosa.» Finalmente la terza parte va dalla morte di Don Rodrigo, oppure dal rinvenimento che il povero Renzo fa di Lucia in mezzo agli orrori del Lazzeretto, e si protrae fino al matrimonio dei due fidanzati che si compie alla fine «in quel benedetto giorno» là proprio in quella chiesa e per opera proprio di quel prete Don Abbondio, che per i suoi codardi timori era stato origine di tutti quegl'incidenti e di tutti quei dolori.