IL FANALE NEL VICOLO

Esso vide stanotte Anna Malpenga,

chiamata in basso gergo la Cerbiatta,

stringersi al muro, sospettosa e piatta,

come attendendo in ansia un che non venga.

 

L'uomo uscir dalle tenebre, in berretto

a visïera sul volto a triangolo,

vide; e gettarle, ambiguo, un pacco, e all'angolo

sparire. Ella tornò, le braccia al petto.

 

Tornò, guardinga, l'occhio a spia, fondendo

il corpo all'ombra, stretta nel suo scialle,

tratto tratto guardandosi alle spalle,

tutta nel suo terror rabbrividendo.

 

E quando entrò nell'orbita rossigna,

la denunziò il fanale:—Porti sangue,

Anna.—Ma il guizzo tortile d'un angue

ebbe, fuggendo, la donna serpigna.

 

Ed esso attese, in vana guardia, l'alba

che, fredda, sporca, sulla roggia lebbra

dei muri vacillando al par d'un'ebbra,

pose, presso alla sua, la faccia scialba.

*

Un'altra notte vide Irma la Rossa,

—che mostra sullo zigomo sinistro

due sfregi in croce, e due sbaffi di bistro

sotto le occhiaie che l'insonnia infossa,—

 

paurosa accosciarsi sui ginocchi

a una soglia di bettola, se alcuno

uscisse e la chiamasse....—ma nessuno

si volse al ploro dei terribili occhi.

 

E a poco a poco ella s'addormentò,

col viso in grembo. E lungo e lunge, muto

e scalzo, fra le braccia di velluto

sorreggendola, il Sonno la portò.

 

Dove?... Un villaggio, un campo, un ciglio verde

di canale, una bimba a lavar panni,

e silenzio, silenzio. Ed anni ed anni

persi nel tempo, ed ella anche si perde....

 

.... Ma sussulta. Il fanale è presso a morte

nel primo sole. Trepida, la nottola

urta al muro, e dilegua senza motto,

mentre al giorno la vita apre le porte.

*

Udì pure il fanale (quattro tocchi

battevano alla torre di Maria)

una voce cantar; ma così pia,

così dolce, da mettersi a ginocchi.

 

E riconobbe il canto di Fiorella,

che fu tant'anni in carcere. Serena

e fioca,—«Ave,—diceva—o Gratia Plena,

che poggi il piè sulla più alta stella.»

 

Il bimbo delle sue carni corrose

dal vizio altrui, così, sur un saccone,

cullava; e la materna passïone

trasfigurava le parole in rose.

 

L'ascoltavano gli usci acchiavacciati,

le cieche imposte, il lastrico. E il fanale

fiamma divenne, accesa a un immortale

altar, ritto fra l'ombre dei peccati.

 

Tacque la voce e ritornò il mattino,

tutto bianco di neve ancor del cielo,

ancora intatta. Ed il fanal fu stelo

di giglio in un albór quasi divino.

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