Poi che socchiusa ritrovai la porta,
—affaticata per la lunga via—
entro.—Accogliete, o buona gente pia,
colei che in volto è bianca come morta.
Ecco il capoccia dall'imperatoria
testa, asciutto qual zolla che dissecchi
al sole. Ecco la madre dai cernecchi
grigi, in umile aspetto umile storia.
Ecco i robusti giovani e le nuore,
e grappoli di bimbi fior-di-pesco.
Fra i rudi attrezzi del mestiere, il desco
è pronto, con la fede e con l'amore.
Prima ch'io sieda accanto al patriarca
niveo-barbuto,—ed a' miei piedi il cane
guarderà calmo, con pupille umane—
benedirò la vostra mensa parca.
Uscirà tutta,—vinta dall'incanto,—
l'anima vostra dal viluppo oscuro,
tacita accompagnando il segno puro
nell'aria, e il filo tremulo del canto.
Tutta la stanza splenderà nei volti
estatici, nei vetri, nei metalli,
nei fasci d'armi avvezze, per le valli
fertili, a smover terra, a falciar côlti,
a mutilar boschi e filari, a incidere
solchi. A fiore dei rustici balconi
verran le azzurre costellazïoni
col raggio dei sereni occhi a sorridere.
E più dolce parrà la scabra vita
a chi m'ascolterà con mani giunte:
e la fatica amore, e le consunte
pietre dell'erta un'immortal fiorita.
E i bimbi chioma-d'oro, intenti al mio
saio vermiglio ed al mio scalzo piede,
adoreranno con ingenua fede
in me la vagabonda ombra di Dio.