«Libera me da me.»
Infilar presso a te punto su punto
nel tugurio ove ignori e sonno e pace,
o dolorosa, che, se il labbro tace,
riveli il tuo patir nel volto smunto:
dell'aratro con te tirar la stanga
per fender solchi che ci diano il pane,
uomo, che tutte le scïenze umane
sai, poi che in pugno sai stringer la vanga:
santificar con libero e fraterno
gesto il tuo maglio, o fabbro, il tuo piccone,
o minatore, la tua passïone
umile, o schiavo del travaglio eterno!...
Libera me da me, nell'oceanico
tumulto travolgendo il mio rottame
naufrago, umanità, che hai sete e fame
di cuori, a pasto del tuo cuor titanico!...
Forse la triste femmina in gramaglie
pesanti, la reclusa che mi mugola
dentro, con tal convulso arrancar d'ugola
che par l'anima schizzi fra tanaglie,
tacerà.—Sarò un'altra. Sarò quella
che dona. Sarò l'ombra della vita.
Coglierò fiori con le bianche dita
per alcun che dirà:—Grazie, sorella....—
E udrò l'onda del sangue gorgogliare
non solo in me, ma in ogni calda polla
della terra; e fluir, placida, colla
calma d'un fiume che discende al mare.