L'INFERMO

Della stanza d'esilio—che m'è schermo

al mondo e nel mio spasmo m'asserraglia—

dietro il muro sottile odo, ferraglia

rimossa, un tossir querulo d'infermo.

 

Chi è?... Non so. Ma soffre. E il suo lamento

di cencio umano ove la morte ringhia,

con nuove corde aspre di punte avvinghia

il mio bisogno eterno di tormento.

 

Vorrei, nè posso, consolar l'affanno

di quei bronchi inguaribili.—Di fianco

l'una all'altra, ma cieche; a fil d'un bianco

muro, ma estranee, due miserie stanno:

 

la mala bestia che t'asfissia in gola,

o ignoto, e il cancro che mi mangia il cuore.

Ma passeranno, sole, nell'orrore

del vuoto, senza dirsi una parola.

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