V'è alcun che canta: «
verdastre della Lìmmat.—Chi?...—S'affonda,
o voce, il cuor nella tua scìa profonda,
il triste cuore ove ogni voce tacque.
Freddo, pioggia, crepuscolo. Beffarde
sbucan le lune elettriche, fra aloni
di nebbia. Oscure ombre mi radon, suoni
rauchi movendo dalle lingue tarde.
«
chiama il canto che forse non ha bocca,
ch'è di fantasma; e l'anima mi tocca
con la carezza d'una mano viva.
Batto i denti, alla pioggia. E più il mantello
su me ravvolgo, e più mi sento ignuda:
mi sferza il dorso la ferocia cruda
del croscïante gelido flagello.
Bene risponde, col suo scampanare
a stormo, il sangue entro le arterie folli:
—Esilio, tu sei mio perch'io ti volli,
perchè mi piacque le tue vie calcare.—
Esilio?... Ma qual'è dunque, o tremenda
anima, la tua vera patria?... In quale
angol di terra addormirai tu il male
tuo, che piangere sempre io non t'intenda?...
S'io mi buttassi a fiume, tu faresti
forse silenzio, anima disperata.
Andrei, colla corrente. Andrei, placata
all'improvviso, fin che il Sol si desti,
il Sole mio, sì bello e sì lontano
ch'io non lo vidi con quest'occhi ancora:
e con l'incendio de' suoi raggi indora
sol chi per lui gettò l'ingombro umano.