Fonte che sola il mio dolor guarire
sai, fonte eterna di silenzio cinta,
quella che in me credei più forte ho vinta
per poter, di te degna, a te salire.
Casa e terra lasciai che agli altri mia
parve, e non era: poi che nulla al mondo
è mio, fuor che l'anelito profondo
del cuor, che si trasforma in melodia.
Lasciai le passïoni, che con succhio
di tentacoli, ingorde, irte, contratte,
vuotavano le mie vene scarlatte
per gettarmi dei morti al sozzo mucchio:
ma mi seguono esse, in false vesti,
guardinghe, pronte per colpirmi al fianco,
s'io vacilli, s'io dubiti, se stanco
il capo in pianto io curvi, o il piede arresti.
Dio m'aiuti!... Blandizia di ricordi
non mi tenti, viltà non m'imbavagli,
peso di carne non m'abbatta, e fra gli
spini de l'aspre fratte àpriti, o fior di
salvezza!...—La boscaglia ove il piè sale
lancia i suoi archi al ciel, tempio vivente:
veglia e prega uno spirito veggente
in ogni tronco della cattedrale.
Mi saluta ogni tronco, e sembra fremere
d'allegrezza in sua scorza ed in sue rame.
Io salgo—e da un viluppo di frascame
mi giunge, o Fonte, il tuo sommesso gemere!...
Sì diaccia sei, ch'io sento il brusco brivido
del sasso a fior de lo zampillo;—e casca
l'acqua ove il terren molle forma vasca
fra i muschi. L'acqua, in ombra, ha un color livido.
Fonte d'oblio che ti nascondi ai raggi
del sol, tu vedi le mie mani in croce.
Ti riconosco. Sola ormai la voce
tua vince i vasti cantici selvaggi.
Prendimi!... Ansando io fino al cuor m'immergo,
che si contrae nel subitaneo spasmo,
ma resiste. In te nasco, in te mi plasmo,
del battesimo tuo la fronte aspergo.
E l'acqua si fa rossa del mio bello
e terribile sangue, che non dorme
mai, che m'assorda col suo rombo enorme,
indomito al cilicio ed al flagello.
E l'acqua bolle come lava, a un tratto.
Ecco, e s'è spento ciò che fu perverso:
amor simile all'odio, e cozzo avverso
di vïolenze, e striscïante patto
di menzogne, e desìo folle d'uccidere
o pur d'essere uccisa!...—O vita, o vita,
come sei dolce!... O carne rifiorita,
come giovine in te l'anima ride!...
Chi tramutò sul margine i calzari
di corda in freschi sandali, e la bruna
tonaca in veste dal candor di luna,
forse caduta dalle vie stellari?...
Chi a me concesse levità sì grande
ch'ora cammino come se volassi,
e le primule d'ôr sotto i miei passi
sbocciano a mazzi per le mio ghirlande?...
.... Uomo, qual che tu sii, col tuo peccato
più non mi tocchi. Io, sì, potrò, se vuoi,
salvarti: sol ch'io fissi dentro i tuoi
occhi i miei occhi. E tu sarai placato.
E s'io t'incontri mai col tuo misfatto
pronto nel cuore e nella mano, e quello
cadrà: sol ch'io ti mormori: Fratello!
in pacata umiltà d'accento e d'atto.
Udremo, nel silenzio pieno d'aria,
battere il nostro cuor; ma già lontano
da noi, sperduto, non più nostro, vano
palpito d'ala che nell'alto svaria.
E il corpo sarà senza consistenza.
E l'anima sarà senza confine.
Io vedrò in te, tu in me, per le divine
luci d'una celeste trasparenza.
E sopra e intorno e dentro a noi sarà
la pace. Uno stupor sarà, d'oblio.
E tu pel tuo sentiero ed io pel mio
andremo, eterni nell'eternità.