PIÙ IN ALTO

Hai tu coraggio di salir più in alto

ancor, sino alle rocce irte del culmine?

Bada! Quei tronchi li ha schiantati il fulmine,

che dentellò quei picchi di basalto.

 

Hai tu sìstole e diàstole sì forti

che non abbian, là, presso il ciel, paura

d'asfissia?... Bada! L'aria è così pura

la sù, che uccide chi il suo cor vi porti.

 

Gettasti, veramente, nella fogna

la pupazza di cenci, incoronata

di carta d'oro e a gonna impastoiata,

che fosti fino a ier, per tua vergogna?...

 

Sai tu bene ohe sia la solitudine

lapidaria, che sta fra terra e cielo

senza speranza?... e puoi, tu, di quel gelo

farti una veste di beatitudine?...

 

Sei ben certa d'aver gettato ai sassi,

dietro le spalle, tutto, proprio tutto,

tanto che il mondo di te porti il lutto

come se fossi, diaccia, fra quattr'assi?...

 

Padre e madre non più, nè creatura

nata da te, nè alcuno che ti tocchi

da presso, nè rimpianto che i ginocchi

ti spezzi, nè desio di cosa impura?...

 

Allora va. Sul vertice più eccelso

della montagna, che somiglia un grido

pietrificato verso Iddio, tu il grido

ritroverai del tuo soffrir più eccelso.

 

Ma antico quanto il mondo, e vano, o cuore

selvaggio, o monte intrepido, sarà

quel grido. E l'eco lo rimbalzerà

di picco in picco, in van:—Perchè, Signore?...—

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