VOCE DI TENEBRA

A Raffaello Barbiera.

Solitudin di gelo.—La tenèbra

Qui nel bosco m'ha côlta.

Infoscansi le nubi, ed io com'ebra

Sto, ma non temo.—O fredda aura sconvolta,

Aura fredda del vespro in agonia,

Parla all'anima mia!

 

.... Ed essa parla. Parla con le arcane

Voci de la boscaglia,

Rumoreggianti per la selva immane

Come ululìo di spiriti in battaglia:

E mi dice: «Che fai su l'ardua piaggia,

O zingara selvaggia?

 

Cerchi forse la pace?... O il glacïale

Rude schiaffo dei venti?

Nulla qui, nulla a soggiogarti vale?

Che temi tu, se al buio ti cimenti?

Di che razza sei tu, se non t'adombra

Il velame dell'ombra?

 

Nata alle aurore fiammeggianti e ai voli

Dell'aquila fuggente,

Nata a le vampe dei bollenti soli

Sovra gli aurei deserti d'Oriente,

Fra ciniche bestemmie e stanche fedi

Un ideal tu chiedi!

 

Ma t'annoda pei polsi una catena,

Ti circonda la bruma,

E la vita ti rode e t'avvelena

L'inutile desir che ti consuma.

Fatalità su la tua testa grava,

E sei ribelle e schiava.

 

Pur tu combatterai, gagliarda figlia

Di lutto e di disdetta:

Senza freno irrompente e senza briglia

La tua strofe sarà grido e saetta.

Andrai fra gl'irti scogli del dolore

Inneggiando all'amore;

 

Andrai coi piè nel fango e l'occhio altero

Nella luce rapito,

Le magnifiche larve del pensiero

Cercando per le vie dell'infinito:

Da una possa virile andrai sospinta,

Più grande ancor se vinta.»

*

Così mi parla la tenèbra—ascolta

L'anima mia pensosa.

Son pianti e lampi ne la notte folta,

Tetri misteri ne la selva ombrosa:

Ma il respiro d'un Dio forte e sereno

Sento aleggiarmi in seno.

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