DEFORME

Ascoltate, signor.—Da lunge, al porto,

Il mar si lagna con muggente voce.

Mi guardaste?... L'atroce

Ghigno d'un demon mi creava; io sono

D'una furia l'aborto.

 

Coll'immortal malinconia del mare

Il mio si fonde irrimediabil duolo.

Piangetemi, son solo:

Non ho moglie, non figli, non amici,

Freddo è il mio focolare.

 

E un giorno anch'io, capite, anch'io cercai

Un astro folgorante alla mia sera:

Cercai la donna.... Ell'era

Una vagante e splendida boema;

La raccolsi e l'amai.

 

Quella donna mentiva, io lo sapea;

Ma quando sul suo bianco, statuario

Petto di marmo pario

Io reclinava il deformato volto,

Il mio cor si struggea!...

 

Ell'era noncurante ed io geloso,

Ferocemente, ineluttabilmente,

Del suo crin rilucente,

De la sua bocca e del suo sen velato,

Del suo riso festoso!...

 

M'abbandonò.—Cercò il piacer, l'aurora,

Il maggio e la beltà!... Non l'ho seguita.

Ma verso la svanita

Sua forma io vile, sfigurato e irriso

Tendo le braccia ancora!...

 

Oh, s'io potessi smantellar le porte

Di questa vita maledetta e lenta!

Ma il nulla mi spaventa:

La debole e vigliacca anima teme

L'al di là della morte.

 

.... Come de le schiumanti onde il fragore

Commove l'aura e fa tremar la riva!...

Non s'ode anima viva;

Questa notte assomiglia al mio destino.—

.... Addio dunque, signore.

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