Catastrofe del Regno.

Quindi l'unità del regno fondata dagli eruli, stabilita dai goti, cementata dai longobardi, mantenuta dai franchi, spezzata dalle quattro grandi marche, ritenta indarno di ricomporsi con una reazione. La prima lotta per la corona italica alla caduta dei Carolingi scoppia fatalmente in Italia fra Berengario duca del Friuli e Guido duca di Spoleto, che vincitore per un istante crede di regnare sui marchesi mediante la nomina ad imperatore ottenuta dal papa. Ma il problema, moltiplicandosi per tutte le antitesi dell'impero col regno, diventa inintelligibile; Roma tergiversa e rinnega la data consacrazione per ripeterla sul tedesco Arnolfo contro il nuovo imperatore di Spoleto; questi è disperso. Roma straziata fra papa e antipapa riconferma imperatore un secondo duca di Spoleto, finchè Berengario duca del Friuli ricompare sulla scena e ne fugge nuovamente. Allora si presentano Rodolfo di Borgogna e Ugo di Provenza: il primo soccombe dopo un anno a quella stessa rivoluzione che lo aveva chiamato; il secondo dopo quattordici anni di abili massacri, sempre vacillante sul trono, abdica forzatamente in favore del proprio figlio Lotario, che pupillo di Berengario II scompare nello stesso dramma del proprio tutore. Tutte queste prove dell'impossibilità di un regno nazionale determinano finalmente la calata di Ottone I in Italia; ma questi succede davvero a Carlomagno e ne ripete il sacro patto colla chiesa.

In tutto questo periodo le republiche bizantine, poste fuori dell'orbita della guerra e solamente preoccupate della propria indipendenza, assistono come spettatrici alla suprema contesa pel regno, ignorandone l'importanza e essendone ignorate. Ma poco dopo rassicurate dal trionfo della casa di Teodora, che trasforma Roma in una vera republica bizantina, rinunciano alle enormità delle tirannidi dogali e all'alleanza dei saraceni, onde si difendevano contro di essa.

Col nuovo patto di Ottone tutta la grande rivoluzione del regno è assicurata, ma il regno vanisce nell'imperatore dichiarato re d'Italia. Qualunque nuovo pretendente sarebbe d'ora innanzi impossibile contro l'immensa federazione italo-germanica. Nuove marche disorganizzano le vecchie, nelle quali i marchesi avevano cospirato pro e contro tutti i re; altre famiglie, come quella d'Este dalla quale uscirà Matilde, la grande eroina della chiesa, sorgono e grandeggiano sulle antiche. Per togliere il Piemonte all'influenza regia di Pavia e di Ivrea, Ottone dà la propria figlia ad Alerano, signore di Ronco, costituendogli un feudo enorme col Monferrato, mentre dietro il Piemonte Beroldo rinserra nelle torri di Morienna la futura casa di Savoia, nido di avvoltoi forti e rapaci, dal quale s'involerà qualche aquila. Ma per assicurare la demolizione del regno Ottone ne affida ai vescovi, implacati nemici di tutti i re, le rovine; e i vescovi regnano in ogni città rivaleggiando vittoriosamente col conte, ufficiale dell'impero, slargando la propria giurisdizione, assorbendo quasi tutti gli affari civili e politici. Così la chiesa, sempre ferma nel non riconoscere i barbari e nel conservare le circoscrizioni romane delle proprie diocesi contro l'ordinamento militare del regno, onde Milano signoreggiava ecclesiasticamente Pavia, e Aquileja quasi distrutta da Attila dominava tutto il Friuli, la Venezia e l'Istria, raccolse finalmente il frutto di una politica incomparabilmente longanime e sapiente in una supremazia, che le permetteva di assumere la direzione di tutta la vita italiana e di cedere nella nuova intima fusione coll'impero la nomina degli stessi vescovi agli imperatori fra le entusiastiche acclamazioni del popolo.

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