Prefazione.

In Efeso, celebre e grande città della Grecia, si dice, che fosse stata dagli antichi fatta una legge dura sì, ma non ingiusta; che l’Architetto cioè, quando prende a dirigere un’opera pubblica, debba assicurare della spesa, che vi può occorrere; e consegnatone l’apprezzo, si obbligano i suoi beni presso il magistrato, finchè sia compita l’opera. Finita questa, se la spesa batte coll’apprezzo, resta assoluto, e premiato con decreti d’onore: anche se si spendesse fino a un quarto di più, si aggiunge all’apprezzo fatto, se gli somministra dal pubblico, e non è tenuto a pena veruna: ma se vi si consuma più d’un quarto, per tutto il complimento si cava da’ di lui beni il danaro. Oh se gli Dei immortali facessero, che fosse questa legge stabilita pure per il popolo Romano, non solo per gli edificj pubblici, ma eziandio per i privati! Mentre così non saccheggerebbero impunemente gl’ignoranti, ma senza dubbio farebbero gli architetti solo coloro, che sono pratici per la gran sottigliezza del sapere, nè i padri di famiglia sarebbero indotti a fare debiti infiniti, fino a esser cacciati dal fondo stesso: e cotesti architetti per il timore della pena esaminerebbero con più diligenza prima di pubblicare la nota della spesa, e così i padri di famiglia con quel, che si trovano ammannito, o con poco di più terminerebbero le fabbriche; in fatti chi ha potuto ammannire quattrocento per una fabbrica, ancorchè debba aggiungervene altri cento, per la speranza di veder l’opera perfetta, lo fa volentieri: ma chi si vede carico della metà di più della spesa, o anche da vantaggio, perduta la speranza, e gettata via la spesa, si vede obbligato a desistere, rimanendo spezzata la fabbrica e le forze.

Nè questo difetto è solo nelle fabbriche, ma eziandio nelle pubbliche feste, che da’ magistrati si danno o di gladiatori nel foro, o di giuochi nel teatro: mentre per questi non vi è nè dilazione, nè trattenimento, ma è necessario terminarli per il tempo stabilito, come sarebbero i sedili negli spettacoli, la copertura di tende, e tutte quelle cose che artificiosamente si preparano per i soliti spettacoli teatrali. In queste cose in fatti vi necessita sommo avvedimento, e riflessione di un ingegno assai dotto, perchè nessuna di esse si fa senza meccanica, e senza una variata e penetrante forza di talento; onde poichè sono queste cose già in uso e costumanza, non è fuor di proposito, che si tirino con cautela e diligenza somma ben bene i conti, prima d’intraprendere l’opera.

Quindi poichè non vi è nè legge, nè consuetudine, che vi provvegga, ed all’incontro debbono ogni anno e i Pretori, e gli Edili preparare per i giuochi delle macchine, mi è sembrato, o Imperadore, non essere fuori di proposito, giacchè ho trattato negli antecedenti libri degli edificj, di dare in questo, che fa il compimento di tutta l’opera, i precetti, e i principj per comporre le macchine.

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