L’Architettura è una scienza, che è adornata di molte cognizioni, e colla quale si regolano tutti i lavori, che si fanno in ogni arte. Si compone di Pratica, e di Teorica. La Pratica è una continua e consumata riflessione sull’uso, e si eseguisce colle mani dando una forma propria alla materia necessaria di qualunque genere ella sia. La Teorica poi è quella, che può dimostrare, e dar conto dell’opere fatte colle regole della proporzione, e col raziocinio. Quindi è, che quelli Architetti, i quali si sono senza la teorica applicati solo alla pratica, non hanno potuto giungere ad acquistare nome colle loro opere; come al contrario coloro, i quali si sono appoggiati alla teorica sola ed alla scienza, hanno seguitata l’ombra, non già la cosa. Ma quelli, che hanno appreso l’uno, e l’altro, come soldati provveduti di tutte le necessarie armi, sono giunti più presto, e con riputazione al loro scopo: poichè siccome in tutte le cose, così sopra tutto nell’Architettura vi sono i due termini, il Significato cioè, ed il Significante. Il Significato è quella cosa, che si propone a trattare; il Significante poi è la dimostrazione tratta dalle regole delle scienze: ond’è chiaro dover essere nell’uno, e nell’altro esercitato colui, che si dichiara Architetto. Per far ciò bisogna, che egli abbia talento, ed applicazione: perciocchè nè talento senza scuola, nè scuola senza talento possono formare un perfetto artefice: deve pertanto avere studio di Grammatica, essere fondato nel Disegno, erudito nella Geometria, non digiuno dell’Ottica, istrutto nell’Aritmetica, saper l’Istorie, aver atteso alle Filolofie, saper di Musica, non ignorare la Medicina, aver cognizione della Giurisprudenza, ed intendere l’Astronomia, e i moti del Cielo; ed eccone la cagione.
Deve l’Architetto saper la Grammatica per mettere in carta, e rendere più stabile la memoria col notare. Il Disegno gli serve per potere cogli esemplari dipinti mostrare l’aspetto dell’opera, che vuol formare. La Geometria dà molto ajuto all’Architettura, e specialmente insegna l’uso della riga, e del compasso, coll’ajuto dei quali strumenti soprattutto si formano più facilmente le piante degli edifici, e si tirano le direzioni delle squadre, de’ livelli, e delle linee. Parimente coll’Ottica si prendono a dovere i lumi negli edificj dai dati aspetti del Cielo. Coll’Aritmetica si calcolano le spese degli edifizj, si mettono in chiaro i conti delle misure, e col calcolo, e metodo aritmetico si sciolgono i difficili problemi delle proporzioni. Dee sapere molte Istorie, poichè spesso gli Architetti disegnano molti ornamenti nelle opere, dei soggetti dei quali debbono essi, a chi ne domanda, assegnare la ragione. Siccome, se qualcuno in luogo di colonne adoprasse statue di marmo, rappresentanti donne vestite di stola, che si chiamano Cariatidi, e sopra le medesime ponesse i modiglioni, e le cornici: a chi ne domanda, darà questa ragione. Caria città del Peloponneso si collegò coi Persiani contro i Greci: finalmente i Greci vincitori, essendosi gloriosamente liberati da quella guerra, di comun consiglio la intimarono ai Cariatidi. Presa quindi la città, ammazzati gli uomini, ed abolita la cittadinanza, ne menarono schiave le loro matrone; ma non permisero, che deponessero i manti, nè gli altri ornamenti da matrone, acciocchè non solo fossero per una volta sola menate in trionfo, ma con eterna memoria di schiavitù cariche di somma vergogna sembrassero pagare il fio per la loro città. Quindi gli Architetti, che fiorivano allora, collocarono negli edifizj pubblici le loro immagini destinate a regger pesi, acciocchè passasse anche ai posteri la memoria della pena del fallo dei Cariatidi. Parimente i Laconj sotto il comando di Pausania figliuolo di Cleombroto, avendo nella battaglia di Platea con poca gente vinto un infinito numero di Persiani, solennizzatone ricco trionfo e di spoglie, e di preda, eressero del bottino fatto con lode e valore dei cittadini il Portico Persiano per trofeo da tramandare alla posterità; ed ivi collocarono le statue dei prigionieri vestite alla barbaresca, che reggevano il tetto, acciocchè restasse così colla meritata vergogna punita la loro superbia, e gl’inimici si atterrissero dal timore della loro fortezza, ed i cittadini riguardando quell’esempio di valore, animati dalla gloria, fossero pronti a difendere la libertà. Quindi pure nacque, che molti usarono delle statue Persiane per sostenere gli architravi, ed i cornicioni; e così con questi soggetti aggiunsero alle fabbriche eccellenti ornamenti. Vi sono anche storie simili, le quali perciò dee saper l’Architetto.
La Filosofia forma d’animo grande l’Architetto, e fa che non sia arrogante, ma più tosto alla mano, giusto, fedele, e quel ch’è più, non avaro; poichè non si può fare nessuna opera con puntualità, se non da chi è leale ed incorrotto. Non deve esser avido, nè aver l’animo dedito a prender regali, ma con gravità sostenere il suo decoro, conservando il suo buon nome; e questo l’insegna la Filosofia. Tratta inoltre anche la Filosofia della natura delle cose, la qual parte in greco si chiama Fisiologia. [[[UNTRANSLATED text:reference-mark: ]]] Questa è necessario studiarsi bene, perchè contiene molti, e varj trattati naturali, specialmente concernenti a condurre l’acque; perocchè da’ loro corsi, giri, e salite dal piano orizzontale si generano nei tubi or in un modo, or in altro dei venti, all’urto dei quali non saprà rimediare, se non chi avrà dalla Filosofia appresi i principj delle cose naturali. Come parimente non potrà intendere il vero senso dei libri di Ctesibio, di Archimede, o degli altri, che hanno scritto di simili materie, se non chi sarà stato dai filosofi istruito. Deve saper la Musica, per intendere le regole delle proporzioni canoniche e mattematiche, ed inoltre dare la giusta carica alle baliste, catapulte, e scorpioni: imperciocchè nei capitelli a destra, ed a sinistra vi sono i buchi degli unisoni, attorno ai quali cogli argani, peritrochj, o manovelle si stirano le funi di budella, le quali non si fermano, o legano, se non quando fan sentire all’orecchio dell’artefice tuoni eguali: perciocchè i bracciuoli, o bischeri così stirati egualmente dall’una, e dall’altra parte, scoccano dritto il colpo; ma se non saranno unisoni, faranno torcere dal dritto cammino i dardi. Parimente nei teatri i vasi di metallo, i quali si situano nelle loro piccole camere sotto i gradini con proporzione mattematica, e le differenze dei suoni, che i Greci chiamano echia, si regolano colle consonanze musicali, distribuiti poi intorno intorno nella quarta, e quinta, e nell’ottava ec. in guisa tale, che la voce del suono, che parte dalla scena, giungendo a percuotere i corrispondenti respettivi vasi, cresce col rimbombo, e va più chiara, e più dolce all’orecchio degli spettatori. Come anche senza le proporzioni musiche nessuno potrà formare nè macchine idrauliche, nè altre simili.
La Medicina è necessaria per conoscere, quali aspetti del Cielo, che i Greci chiamano climi, quali arie, quali acque siano sane, e quali dannose; poichè, senza queste riflessioni, non si può fare abitazione salubre. È necessario ancora, che sappia quelle leggi, che regolano i muri esteriori, in riguardo al giro delle grondaje, alle fogne, ed ai lumi. Lo scolo parimente delle acque, e cose simili debbono esser note agli Architetti, acciocchè prima di cominciar l’edifizio prendano le dovute cautele, e non rimangano, dopo fatte le fabbriche, le liti ai padri di famiglia; ed acciocchè stabilendosi i patti, restino cautelati tanto chi dà, quanto chi prende in affitto: ed in fatti se i patti saranno ben espressi, rimarranno senza inganno gli uni, e gli altri. Per mezzo dell’Astrologia si conosce l’Oriente, l’Occidente, il Mezzogiorno, il Settentrione, e tutta la disposizione del Cielo, l’Equinozio, il Solstizio, e il corso delle Stelle; e chi non sa quelle cole, non saprà nè anche formar gli orologi a sole.
Poichè dunque è questa scienza adornata tanto, e piena di molte e varie erudizioni, non mi pare che possa nessuno a ragione chiamarsi Architetto di botto; ma solo chi salendo da fanciullo per questi gradi di dottrine, e nudrito della cognizione di molte scienze ed arti, giungerà all’ultima perfezione dell’Architettura. Recherà forse maraviglia agl’ignoranti, come si possa naturalmente apprendere tante dottrine, e ritenerle; lo crederanno però facile, se rifletteranno, che tutte le scienze hanno fra loro una corrispondenza, e comunicazione, imperciocchè la scienza Enciclica, o sia universale, è composta, come un corpo intero, da tutte queste membra. Quindi coloro, che dalla tenera età apprendono i rudimenti di tutte le scienze, imparano queste, ed inoltre la reciproca connessione di esse tutte, e così poi più facilmente sanno di tutto. Pitio, che fu il famoso Architetto del tempio di Minerva nella città di Palazia, dice perciò nei suoi scritti, che l’Architetto deve poter fare in ogni arte, o scienza più di quello, che han fatto coloro, i quali ne hanno con felice esito perfezionata qualcheduna in particolare colle loro industrie, e fatiche; ma questo però in pratica non si osserva. Non può in fatti, anzi non deve essere l’Architetto grammatico, quanto fu Aristarco, come nè anche senza lettere: non musico quanto Aristossene, ma nè pure ignorante affatto di musica; non pittore come Apelle, ma nè meno imperito di disegno: non già scultore come Mirone, o Policleto, ma nè meno ignaro affatto della scultura: nè finalmente medico, come Ippocrate, ma nè pure digiuno totalmente di medicina; non eccellente in somma in ogni scienza, ma almeno non all’oscuro in nessuna; imperciocchè in tanta varietà di cose non è possibile giungere alle più fine e particolari eleganze, mentre appena si può intendere e capire solo le loro teorie. Non è già però, che i soli Architetti non possano giungere alla ultima perfezione in tutte le cose, ma anche quelli medesimi, i quali specialmente posseggono una qualche arte, non tutti giungono ad ottenervi il più sublime grado di gloria. Se dunque in ciascuna scienza i rispettivi professori, non tutti, ma appena pochi nel corso d’un secolo giungono all’eccellenza, come può mai un Architetto, il quale deve saperne molte, fare che non solo non ne ignori nessuna, (lo che non è poco) ma che anche superi tutti quelli artefici, i quali hanno sopra una qualche arte sola impiegata con somma fatica tutta l’attenzione?
Parmi dunque, che si sia in ciò Pitio ingannato, non riflettendo che di due cose ciascuna arte si compone; della Pratica, cioè, e della Teorica: di queste una essere propria di coloro, che si esercitano in quell’arte, e questa è la Pratica: l’altra comune con tutti i dotti, e questa è la Teorica. Così egli è comune ai Medici, ed ai Musici la Teorica delle battute delle vene, e del moto dei piedi: ma se occorrerà medicare una ferita, o torre dal pericolo un infermo, non si chiamerà già il Musico, ma sarà questo un uffizio proprio del Medico; come al contrario il Musico, non il Medico, regolerà gli strumenti da suono, acciocchè rendano graziosa armonia agli orecchj. Con gli Astrologi parimente, e co’ Musici è comune il trattato della simpatia delle stelle, e delle consonanze in quadrati e trini, in quarta e quinta ec. e coi Geometri quello della visione, che i Greci chiamano Trattato Ottico: e così in tutte le altre scienze o tutte le cose, o molte sono, per quanto riguarda la Teorica, comuni; ma la Pratica, la quale si perfeziona colle mani e col lavoro, è propria di coloro, i quali si sono particolarmente incamminati per l’esercizio di un arte sola. Avrà fatto dunque abbastanza colui, che di ciascuna dottrina saprà mediocremente la distribuzione delle parti, ed il metodo, e specialmente quelle, che sono necessarie per l’Architettura, acciocchè non si perda, o smarrisca, se gli occorrerà giudicare, o apprezzare qualcuna di quelle cose, o arti. Quei però, che hanno dalla natura tanto talento, ingegno, e memoria, sicchè possano imparare bene e la Geometria, e l’Astrologia, e la Musica, e le altre scienze, trapassano lo stato dell’Architetto, e diventano Mattematici, e possono perciò facilmente argomentare e disputare in queste scienze, perchè sono armati di molte cognizioni; ma questi si trovano di rado, come furono già Aristarco Samio, Filolao, ed Archita Tarantini, Apollonio Pergeo, Eratostene Cireneo, Archimede, e Scopina Siracusani, i quali hanno lasciate ai posteri molte invenzioni meccaniche, e gnomoniche dimostrate con ragioni numeriche, e naturali.
Poichè dunque non tutti, ma pochi hanno questi talenti per naturale acutezza, ed all’incontro l’uffizio dell’Architetto richiede l’esercizio di tutte le scienze; e per la vastità della cosa la ragione permette, che si sappiano non già a perfezione, come farebbe il dovere, ma mediocremente, chiedo scusa da te, o Cesare, e da quelli che leggeranno i miei scritti, se alcune cose non saranno spiegate secondo l’arte dello scrivere; perchè non da gran Filosofo, o erudito Oratore, o eccellente Grammatico, ma da Architetto infarinato di tali scienze mi sono ingegnato di scrivere quelle cose. Quanto però al forte dell’arte, ed alla teorica della medesima, prometto, come spero, non solo a tutti quelli che fabbricheranno, ma ai dotti ancora, di trattarla in questi libri senza dubbio con tutta la maestria.