Alcuni Architetti antichi proibivano, che si facessero tempi di ordine Dorico, (Tav. XI.) perchè riuscivano difettose ed improprie le simmetrie. Tali furono Tarchesio, Piteo, ed anche Ermogene; costui in fatti avendo ammannita una quantità di marmi per farne un tempio Dorico, mutò idea, e lo fece Jonico a Bacco. Eppure non è già, che sia brutto l’aspetto, o l’ordine, o la figura, ma solo perchè riesce obbligata e scomoda in opera la disposizione per cagion dello scompartimento de’ triglifi; e delle formelle: imperciocchè è necessario, che i triglifi sieno situati sopra i due quarti di mezzo delle colonne: e che le metope, le quali sono tra i triglifi, sieno tanto lunghe, quanto alte; e di più i triglifi, che van sopra le colonne de’ cantoni, si situano sull’estremità, non sopra i due mezzi della colonna. Quindi le metope, che sono presso i triglifi de’ cantoni, non riescono quadrate, ma mezzo triglifo di più larghe: oppure coloro, che vogliono fare le metope tutte uguali, ristringono gli ultimi intercolunnj per lo spazio di mezzo triglifo. Ma che si ristringa o la metopa, o l’intercolunnio, sempre è difetto; onde è che gli antichi hanno sfuggito di adoprare la maniera Dorica, ne’ tempj sacri. Noi però servando il nostro ordine l’insegneremo, come l’abbiamo appreso da’ maestri, acciocchè, se qualcuno vorrà con tutte queste difficoltà servirsene, trovi dimostrate le proporzioni, colle quali possa tirare ad una perfezione accurata, e senza difetti un tempio di ordine Dorico.
La fronte dunque del tempio Dorico, (Tav. XI. fig. 4.) ove si hanno a situare le colonne, si divida, se sarà tetrastilo, cioè a quattro colonne, in parti 27.: se esastilo, cioè a sei, in 42.; una di queste parti sarà il modulo, (Tav. XI. fig. 4.) il quale in Greco si chiama embates, stabilito il quale si tira il conto della distribuzione di tutta l’opera. Così la grossezza della colonna sarà di due moduli, l’altezza, (Tav. XI. fig. 1.) compreso il capitello, di 14. L’altezza del capitello un modulo, e la larghezza due ed un sesto: il capitello poi si divide in tre parti, una è per l’abaco con la sua cimasa, l’altra per l’ovolo cogli anelli, e la terza pel collo. La colonna si assottiglia colle regole date nel terzo libro per le Joniche.
L’altezza dell’architrave, compresa la fascia e le gocce, è di un modulo: la fascia un settimo di modulo: la lunghezza delle gocce sotto la fascia, ed a piombo de’ triglifi sarà, compresovi il regoletto, un sesto di modulo. La larghezza di sotto dell’architrave è uguale al collo superiore della colonna.
Sopra l’architrave si hanno a porre i triglifi colle metope alti un modulo e mezzo, larghi uno: distribuiti in modo, che tanto nelle colonne de’ cantoni, quanto in quelle di mezzo corrispondano sopra i due quarti di mezzo delle colonne, e che ne entrino negli altri intercolunni due, in quelli di mezzo tanto d’avanti, quanto da dietro tre; e ciò, perchè tenendo così allargati gl’intercolunnj di mezzo, rimanga più libero il passaggio a coloro, che vanno a visitare le immagini degli Dei.
La larghezza de’ triglifi (Tav. XI. fig. 2.) si divide in sei parti, delle quali cinque restano nel mezzo, ed una divisa metà a destra, metà a sinistra: nel mezzo resta un regoletto, o sia coscia, che in Greco si dice meros: accanto a questo s’incavino due canali ad angoli retti: a destra ed a sinistra per ordine vengano gli altri pianuzzi, ed agli angoli finalmente voltino due mezzi canali.
Fatti in questo modo i triglifi, si facciano le metope, le quali sono fra i triglifi, tanto lunghe, quanto alte; e nelle cantonate si scolpiscano mezze metope, larghe mezzo modulo. Facendosi così, si correggeranno tutti i difetti delle metope, degl’intercolunni, e delle formelle, (Tav. XI. fig. 2.) perchè sono eguali le distribuzioni. I capitelli de’ triglifi hanno ad essere alti la sesta parte d’un modulo.
Sopra questi capitelli viene il gocciolatoio, il cui sporto è per una metà ed una sesta parte di modulo; e tiene una cimasa Dorica sotto, ed una sopra. Il gocciolatojo con tutte le cimase sarà alto parimente quanto la metà, ed un sesto di modulo. Sotto la soffitta del gocciolatoio, (Tav. XI. fig. 3.) a piombo de’ triglifi e delle metope si hanno a scompartire le direzioni delle vie, e delle gocce in guisa tale, che di dette gocce n’entrino sei in lunghezza e tre in larghezza: i rimanenti vani, essendo le metope più larghe de’ triglifi, restino lisci, oppure vi si possono scolpire de’ fulmini, presso il sottogrondale del gocciolatojo s’intagli un canaletto a guisa di scozia. Tutte le altre parti, come sono i tamburi, le cimase, ed i gocciolatoj si faranno colle stesse regole date per l’ordine Jonico.
Queste proporzioni però sono proprie (Tav. XI. fig. 4.) nelle opere diastile: ma se si vorran fare picnostile, e monotriglife, allora la facciata del tempio, se sarà tetrastila, si divide in 22. parti; se esastila in 32., e di queste una sarà il modulo, col quale poi, secondo le regole date di sopra, si scompartirà tutta l’opera. Quì dunque sopra ogni architrave sono due metope, ed un triglifo: ne’ cantoni resta uno spazio, quanto un mezzo triglifo. Di più l’intercolunnio di mezzo sotto la cima del frontespizio dev’esser largo da contenere tre triglifi, e quattro metope, acciocchè sia più largo l’ingresso al tempio, e più maestosa la vista delle statue degli Dei. Sopra i capitelli de’ triglifi va il gocciolatojo parimente con due gole, come s’è detto, una sotto e l’altra sopra; tutto il gocciolatojo colle gole è alto parimente per la metà, ed un sesto di modulo. Anche nella soffitta del gocciolatojo a piombo de’ triglifi, (Tav. XI. fig. 4.) e delle metope si hanno a scompartire i riquadri, o le formelle e tutto il resto, come si è detto ne’ diastili.
Nelle colonne, qualora si vogliono affaccettare, vi si hanno a fare venti strie; (Tav. XI. fig. 3.) e queste se saranno piane formeranno venti angoli, ma se poi si voglion fare accanalate, si faranno in questa maniera: si descrive un quadrato di lati uguali alla larghezza della stria: nel punto di mezzo del quadrato si ponga una punta del compasso, e si tiri una porzione di cerchio, che tocchi gli angoli del quadrato, e si faccia il canale uguale a quel segmento di cerchio, che è fra la linea circolare, ed il lato del quadrato; così la colonna dorica avrà le scanalature proprie per la sua maniera. In riguardo all’aggiunzione, che si fa nel ventre della colonna, s’intenda quì replicato quanto s’è detto per lo Jonico al lib. iii.
Poichè si sono già designate le simmetrie degli aspetti esteriori sì Corintj, come Dorici, e Jonici, è di dovere ora spiegare ancora le distribuzioni interiori della Cella, e del Vestibolo.