La lunghezza del luogo, ove si stabilisce di edificare il Tempio, si divide in sei parti, (Tav. VIII. fig. 1.) e se ne danno cinque alla larghezza: la stessa lunghezza poi si divide in due parti, la più interna serve per le celle, la più vicina alla facciata resta per situarvi le colonne. Di più la stessa larghezza si divide in dieci parti, delle quali tre a destra, e tre a sinistra servono per le celle minori, le restanti quattro per la navata di mezzo. Nello spazio, che sarà nell’antitempio avanti le celle, si distribuiscano le colonne in guisa, che quelle de’ cantoni d corrispondano dirimpetto a’ pilastri delle mura esteriori c; le due di mezzo e dirimpetto alle mura f, che sono fra i detti pilastri e il mezzo del Tempio, si distribuiscano in modo, che fra i pilastri f, e le prime colonne e nel mezzo all’istessa dirittura ne sia posta un altra per parte g .
La loro grossezza da basso sarà un settimo dell’altezza, l’altezza un terzo della larghezza del Tempio, (Tav. X. fig. 1.) la grossezza di sopra della colonna si restringe a un quarto di meno di quella di sotto. Le loro basi si fanno alte mezzo diametro, e sono composte d’uno zoccolo circolare alto la metà di tutta l’altezza, e di un toro, che posa sopra col listello, alto quanto lo zoccolo. L’altezza del capitello è mezzo diametro: la larghezza dell’abaco quanto il diametro; (Tav. X. fig. 1. e 2.) tutta l’altezza del capitello si divide in tre parti, una è del mattone, che fa le veci dell’abaco, la seconda dell’ovolo, e la terza del collo compresovi l’astragalo, e il listello. Sopra le colonne poi si situano travi accoppiate, che formino l’altezza proporzionata alla grandezza dell’opera; e di più abbiano tanta larghezza, quanta è quella del collo della colonna; e si accoppiano questi travi con biette, e traversi a code di rondine in modo, che nella commessura vi resti una distanza di due dita; imperciocchè se si lasciassero toccare fra di loro, non giocando l’aria per mezzo, presto si riscaldano, e s’infradiciano. Sopra queste travi, anzi sopra la fabbrica del fregio posano i modiglioni, lo sporto de’ quali è uguale alla quarta parte della larghezza della colonna, ed alle loro teste si affiggono degli ornamenti: sopra si fa il tamburo coi suoi frontespizj, o di fabbrica o di legno: sopra del quale frontespizio ha da posare l’asinello, i puntoni, e le assi in modo, che lo scolo di tutto il tetto penda a tre lati.
Si fanno oltre a ciò de’ Tempj rotondi, (Tav. IX. fig. 1.) e di questi alcuni senza cella chiusi solo da un colonnato, detti perciò Monopteri, altri poi Peripteri. Quelli, che si fanno senza cella, hanno il tribunale, e la scalinata eguale alla terza parte del proprio diametro: le colonne da sopra i piedistalli sono tanto alte, quanto è tutto il diametro da fuori a fuori; larghe poi la decima parte della loro altezza, compreso capitello e base. L’architrave alto mezzo diametro. Il fregio, e le altre parti superiori di quella grandezza, che portano le regole date sopra al libro terzo.
Se il tempio però fosse Periptero, (Tav. IX. fig. 2.) si alzino in prima dal piano due gradi, e lo zoccolo; indi si situi il muro della cella discosto dallo zoccolo un quinto in circa di tutto il diametro, e nel mezzo si lasci il vano per la porta. La cella ha d’avere di diametro netto dalle mura d’intorno, quanta è l’altezza delle colonne da sopra il zoccolo. Le colonne intorno intorno si distribuiscano colle solite proporzioni e simmetrie. Il coperto di mezzo poi si fa con questa regola, cioè, che la metà del diametro di tutta l’opera si dà d’altezza alla cupola netta di fiore. Il fiore poi senza la piramide sarà alto, quanto il capitello; tutte le altre parti si fanno colle proporzioni, e simmetrie date loro di sopra.
Si fanno parimente altre specie di Tempj, ordinati bensì colle stesse simmetrie, ma partecipano delle distribuzioni di qualche altra specie; tale è il tempio di Castore nel Cerchio Flaminio, e quel di Vejove fra i due boschi. Tale ancora, ma più ingegnoso è quello di Diana cacciatrice, per l’aggiunzione d’altre colonne a destra e a sinistra de’ fianchi dell’antitempio. I primi tempj, che si fecero di questa specie, della quale è quello di Castore nel Cerchio, furono [[[UNTRANSLATED text:reference-mark: ]]] quel di Minerva nella rocca d’Atene, e quel di Pallade in Sunio nell’Attica. Le proporzioni di questi tali tempj sono per altro le solite: imperciocchè le lunghezze delle celle sono doppie delle larghezze, e come in tutti gli altri le simmetrie, che sogliono essere nelle fronti, si trasportano a proporzione anche a’ fianchi.
Alcuni fin’anche prendono la distribuzion delle colonne dalle specie Toscane, e l’applicano alle specie Corintie, e Joniche: (Tav. VI. fig. 1.) imperciocchè, ove nell’antitempio vengono innanzi pilastri, in loro vece situano dirimpetto alle mura della cella due colonne, e così mescolano la maniera Toscana alla Greca.
Altri dall’altra parte slargando le mura della cella, (Tav. VlII. fig. 2.) e situandole fra l’intercolunnj d’intorno, coll’ampiezza acquistata col trasportare il muro, rendono assai spazioso il vaso della cella; e ritenendo del resto le stesse proporzioni e simmetrie, par che abbiano inventata una nuova specie di figura, che potrebbe nominarli Pseudoperiptera. Queste mutazioni di specie per altro dipendono da’ diversi usi de’ sagrifizj: imperciocchè non si hanno a fare tutti della della maniera i tempj agli Dei, diverso essendo il culto e le cerimonie di ciascuno.
Ho esposto, secondo mi è stato insegnato, tutte le maniere de’ Tempj sacri; ed ho colle divisioni distinti gli ordini, e le simmetrie loro, ingegnandomi di spiegare, per quanto ho potuto in questi scritti, quali Tempj hanno figure dissimili, e quali sieno le differenze, che gli rendano tali. Ora tratterò degli Altari degli Dei, e del sito loro proprio adattato a’ sacrifizj.