Si fanno anche de’ colori purpurei tingendo la creta col sugo di radice di robbia, o d’isgino. Si fanno anche da’ fiori diversi altri colori: così quando i tintori vogliono imitare il giallo del sile attico, pongono in un vaso viole gialle secche, e le fanno bollire con acqua al fuoco: quando sono nel suo punto, le versano in una tela, e spremendo colle mani, raccolgono in un mortajo l’acqua colorata dalle viole, vi mescolano la terra eretria, e macinandola formano il colore del sile Attico. In una maniera simile stemperano il Vacinio, e vi mescolano del latte, e ne fanno una bella porpora. Parimente quei, che non possono adoprare crisocolla come troppo cara, mescolano col ceruleo il sugo dell’erba chiamata guado, e ne formano un vivissimo verde. Questi colori tutti si chiamano fittizj. Per la scarsezza parimente dell’indaco, mescolano la creta selinusia, o l’annullaria col vetro, che i Greci chiamano Yalon, e così imitano l’indaco.
Ho spiegate in quello libro le regole, e le cose necessarie sì per la fermezza, come per fare le pitture con proprietà: come ancora le qualità particolari di ciascun colore; il tutto per quanto ho potuto ricordarmi. E così in sette libri sono state con metodo trattate tutte le perfezioni, che si richieggono negli edifizj, e i comodi che vi debbono essere. Nel seguente pertanto tratterò dell’Acqua, cioè se mai non ve ne fosse in qualche luogo, del modo come si trovi, come si conduca, e come si conosca, se è salubre e a proposito.
Fine del libro settimo.
Le due sottoposte Tavole, compendiate al meglio che si è potuto, per corrispondere alla solita grandezza degli altri finali, sono copiate dalle pitture antiche spiegate, e pubblicate nel primo tomo del Museo Erculanense. Servono assaissimo per intendere bene, quanto Vitruvio ha scritto nel cap. 5. di questo libro; e nella Tav. XXXIX. segnata per errore XL. specialmente si ravvisano gli Arpaginetuli, e i Candelabri, e le Foglie, e i Viticci, che si trovano ivi nominati.