Prefazione.

Apollo di Delfo per mezzo delle risposte della Pitonessa dichiarò per il più savio di tutti Socrate. Di lui si racconta avere dottamente e saviamente detto, che sarebbe stato necessario, che i petti degli uomini fossero aperti con delle finestre, acciocchè i sentimenti d’ognuno non rimanessero nascosti, ma esposti alla considerazione altrui. Dio volesse, che la madre natura, giusta l’opinion di Socrate, gli avesse fatti aperti e chiari: poichè se così fosse, non solamente si vedrebbero con facilità sotto gli occhj le virtù, ed i vizj degli animi; ma anche potendosi così sottoporre alla contemplazione dell’occhio gl’insegnamenti delle scienze, sarebbero meno incerte le loro dimostrazioni, ed acquisterebbero maggiore, e più perenne autorità i dotti ed i sapienti. Ma poichè la madre natura non ha formate in questa guisa le cose, non possono perciò gli uomini, rimanendo nascosti ne’ petti i talenti, penetrare ed apprendere a perfezione la teoria delle arti. Quindi ogni artefice, benchè si comprometta, e vaglia col suo sapere, pure se o non sarà ricco, di scuola già accreditata, o non avrà la dote della grazia, e dell’eloquenza popolare, per quanto s’affatichi, non giugnerà mai a persuadere gli altri del suo sapere.

Può questo osservarsi soprattutto su gli scultori, e pittori antichi: fra’ quali quei, che acquistarono lode e fama d’eccellenza, sono rimasti d’eterna memoria a’ posteri, come Mirone, Policleto, Fidia, Lisippo, ed altri, che s’acquistarono nome colla loro arte; imperciocchè l’acquistarono per le opere, che fecero o per città grandi, o per Rè, o per gran Signori. Quegli all’incontro, che sebbene non furono di minor applicazione, talento ed avvedutezza, e fecero opere nientemeno perfette ed eccellenti; pure avendo fatte opere per cittadini ignobili e di bassa fortuna, non hanno acquistato nome alcuno, non per mancanza di sapere, e di finezza, ma per mancanza solo di fortuna: tali sono stati Ella Ateniese, Chione Corintio, Miacro Foceo, Farace Efesio, Beda Bizantino, e molti altri.

Accadde lo stesso a’ pittori, fra’ quali ad Aristomene Tasio, a Policlete Atramiteno, a Nicomaco, e ad altri, a’ quali non mancò già fatica, applicazione o diligenza, ma oscurò la loro fama o la povertà, o la poca fortuna, o l’essere stati posposti nelle concorrenze per gl’impegni dell’avversarj. Non è certo da meravigliarsi, se per l’ignoranza dell’arte non conosciuti rimangano i virtuosi; ma è cosa insopportabile, che in grazia degli amici si abbraccino i falsi, non i veri giudizj. Se dunque i sentimenti, i pareri, e le scienze fossero, come disse Socrate, chiare e trasparenti, non avrebbe luogo nè il favore, nè l’ambizione, ma spontaneamente s’appoggerebbero l’opere a coloro, i quali fossero collo studio di vere e sode dottrine giunti al maggior grado di sapere. Quindi poichè quelle cose non sono, come crediamo, che avrebber dovuto essere chiare, ed esposte alla vista; e considero, che prevalgono co’ loro impegni più gl’ignoranti, che i dotti, non parendomi proprio di gareggiare cogl’ignoranti, mi contento piuttosto di fare per mezzo di questi scritti palese il mio sapere.

Nel primo libro dunque, o Imperadore, ho trattato dell’arte, de’ suoi requisiti, e delle cognizioni che deve avere l’Architetto, ed ho aggiunte ancora le cagioni, perchè debba averle; e colla divisione, e colle definizioni ho determinate le parti di tutta l’Architettura. Poi perchè era la prima, e più necessaria cosa, ho trattato anche con dimostrazione delle abitazioni, e della scelta de’ luoghi salutevoli: de’ venti, e de’ luoghi, onde soffiano, aggiungendovi la figura: e dell’esatta distribuzione delle strade, e viottole dentro le mura; e con ciò ho terminato il primo libro. Nel secondo ho esaminato l’essenza, e natura de’ Materiali, ed il loro uso nelle opere. In questo terzo ora tratterò degli Edifizj consecrati agli Dei immortali, e della loro figura.

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