I.

Passeggiavo a Londra nel Hatfield Park ammirando gli splendidi equipaggi, i cavalieri, le graziose cicliste che mi trasvolavano davanti con la rapidità evanescente della visione di un sogno, quando ad un tratto mi fermai sui due piedi.

Davanti a me, in una elegantissima victoria a due cavalli, un giovane signore bruno e pallido, seduto accanto ad una bellissima signora, mi aveva colpito in modo straordinario.

— Possibile! – io aveva esclamato fra me.

E, scorgendo la direzione presa dallavictoria, e sapendo ch’essa avrebbe dovuto necessariamente percorrere nel ritorno un dato viale a me poco lontano, avevo preso una scorciatoia per trovarmi in esso al nuovo passaggio della carrozza.

Difatti un venti minuti dopo, al più tardi, io rivedeva la victoria e in essa il pallido signore bruno, accanto alla bella signora.

Questa volta guardai bene e sbarrai tanto di occhi.

— Cospetto! – gridai fra me e me – o io prendo un granchio colossale o colui è il buon Pietro Fournier, il mio compagno d’ufficio a Marsiglia.

Poichè io, aspirante banchiere un giorno – ahimè rimasto aspirante tale per tutta la vita! – avevo fatta pratica a Marsiglia presso la rinomata CasaRaviol e C. e mio compagno di stanza, e spesso anche di tavolino, era stato in que’ miei giovanili anni un giovanotto, certo Pietro Fournier il quale però un giorno era scomparso, senza dir nulla.

Seppi di poi – e non ricordo come – ch’egli s’era imbarcato per l'America, in cerca di fortuna.

— Cospetto! – borbottai continuando il mio soliloquio – sembra che il già mio compagno l’abbia afferrata davvero e sul serio questa benedetta fortuna!

Difatti – se i miei occhi non mi avevano ingannato – tutto faceva crederlo.

La splendida victoria a due cavalli, l’abito irreprensibile, la bella signora, la moglie senza dubbio...

Passarono alcune settimane.

Una sera passeggiando per una delle grandi più aristocratiche vie della City mi fermai una seconda volta di botto.

Accanto a me era passato – a piedi questa volta – lo stesso elegante giovane signore: colui che, se non lo ora, assomigliava come una goccia d’acqua assomiglia ad un’altra goccia al mio Pietro Fournier.

— Ah! questa volta – mormorai – non mi scappi. Io ti seguirò e.... voglio saper qualcosa sul tuo conto, bello mio.

Poichè egli passandomi accanto aveva posato sbadatamente lo sguardo sopra di me, senza degnarsi menomamente di riconoscermi e di ricordarsi che un giorno avevamo diviso lo stesso calamaio, lo stesso inchiostro e la stessa.... poco munifica paga di aspiranti.... banchieri.

Stabilii dunque di tenergli dietro.

Il vero o falso che fosse Pietro Fournier – camminava calmo e tranquillo, con l’aria dell’uomo sicuro e padrone di sè e del suo tempo.

Era – come sempre – irreprensibile nella sua mise, opera, si vedeva, d’uno de’ più famosi tailleurs londinesi e, dall’aroma che a tratti veniva sino a me che lo pedinavo, sentii che fumava un sopraffino avana.

Pietro Fournier gran signore!

Era curioso.

Affrettai il passo, lo raggiunsi.... lo sorpassai quindi tornai indietro e lo fissai bene in volto.

Era lui.

Egli posò ancora una volta sopra di me lo sguardo sereno e distratto e non fece moto nè segno qualsiasi di avermi ravvisato.

— Egli ha ben corta la memoria in verità! – mormorai fra me.

Era stupito e un poco mortificato.

Continuai il pedinamento.

Lo vidi entrare finalmente dentro un magnifico portone, sul cui limitare un maestoso guardaportone puro sangue lo salutò perfettamente corretto.

Lasciai passare qualche istante, poi appressatomi al puro sangue chiesi:

— Scusate, abita qui l'illustre signor Pietro Fournier?

Il puro sangue mi guardò un momento, anglo-severo e arcigno.

— Non abita qui nessun Pietro Fournier – fu l’asciutta risposta che ne ricevetti dopo un istante.

Rimasi male.

— Ma.... quel signore, quel genthelmen entrato poco fa?

— Mister Stevens, volete dire.

— Ah sì! yes – mormorai confuso.

— Non riceve in casa – aggiunse il maestoso gallonato dopo una lunga occhiata al mio individuo. – Andate alla Banca, dalle due alle sei. – E si degnò darmi l’indirizzo della Banca.

— Grazie – mormorai.

Banchiere!... Pietro Fournier era dunque banchiere!

L’aspirazione per lui, dunque, si era mutata in realtà!...

E aveva cambiato nome, l’ingrato!...

Decisi di andarlo a trovare alla Banca, all’indirizzo datomi dal maestoso suo suddito, poichè una misteriosa voce interna mi diceva ch’era proprio lui, lui in persona, Pietro Fournier, l'altisonante Mister.

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