V.

Il mio giovane amico dottor C.... uno scienziato coltissimo e modernissimo, destinato come io avevo detto al buon mister a divenir presto celebre e lasciare un’orma nella sua scienza, era il più indicato per la prova che io avevo in animo di tentare.

Andai subito da lui e mi trattenni nel suo gabinetto in conferenza per più di un’ora.

Quando ne uscivo egli aveva perfettamente compreso di che si trattava, aveva deciso il suo piano, e raccolto e ordinato tutto l’occorrente per metterlo in esecuzione.

— Splendido caso davvero! – andava egli ripetendo mentre mi accompagnava alla porta.

Prendemmo l’appuntamento per trovarci alle ore quattro precise dal banchiere.

E all’ora stabilita noi mettevamo piede nel solito gabinetto ove il povero mister Stevens ci attendeva più pallido del solito.

Fatte le debite presentazioni e tastato il polso al mister e fattagli una rapida visita generale, il dottore gli chiese il permesso d’ipnotizzarlo.

— Ipnotizzarmi? – mormorò il povero mister stupito.

— Sì – disse il dottore – nel sonno ipnotico io farò scoprire da voi – da voi stesso – il segreto del mistero che a voi è caro ora appurare.

— Ma....

— Non temete di nulla, mister, mi fo’ io in persona garante di tutto. Noi ascolteremo religiosamente quanto voi stesso.... ci farete conoscere, e fedelissimamente vi ripeteremo. Anzi – continuò il dottore – io, prima di venire qua, ho avuto un’idea previdente! Osservate, mister....

E trasse da una piccola valigia di bulgaro che aveva recata seco, una scatola.

— È un fonografo – continuò. – Esso registrerà quanto poi state per dire.... e così voi avrete la soddisfazione d’ascoltare dalla stessa vostra bocca la verità.

Mister Stevens parve convinto.

— Fate pure, dottore – mormorò.

Io mi sedetti in un angolo e mi raccolsi nel più religioso silenzio.

Il banchiere aveva collocato i suoi servi fidati all’uscio per qualsiasi eventualità e aveva dato ordine che nessuno – e per verun motivo – venisse a disturbarci.

E la prova cominciò.

Con il solito e noto procedimento il dottore addormentò il paziente.

Poi, trattosi indietro, e stendendo verso di lui le mani e alitando sopra tutto il suo essere tutta la forza potente della sua volontà, ordinò:

— Ricordate! voglio che ricordiate! dovete ricordare!

Il paziente si agitò lievemente.

— Ricordo – mormorò.

Un fuggevole sorriso di soddisfazione illuminò il volto del giovane dottore.

Vidi che, nella sua volontà, formulava un pensiero.

Stese di nuovo le mani.

L'addormentato prese a parlare:

— Ah sì, a dodici anni.... ero a Lugo! una cittadina d’Italia!... in Romagna.... era gracilino, pallido, sempre malaticcio.... mio zio....

— Che nome avevate? – chiese il dottore.

— Vincenzo.... Vincenzo....

— E poi?

— Fiorelli.

Nel mio angolo diedi un balzo involontario.

— Zitto – mi mormorò il dottore.

E voltosi di nuovo verso l’addormentato formulò, in silenzio, un’altra domanda.

— Ah! – mormorò il paziente. – Ricordo tutto.... vedo tutto ora.... Povero zio! Morto.... morto.... ed io solo! solo come un cane!...

— Qualcuno vi è venuto in soccorso?

— Ah sì! eravamo in tanti.... siamo partiti una mattina....

— Per dove?

— Per Napoli.

— A far che?

— Ci aspettava il bastimento.

— Ah, il bastimento?

— Sicuro, per andare in America.

— Va benissimo. Continuate a ricordare.

— Oh, ricordo tutto ora!... Siamo partiti. Che bel mare e quanta gente!... Ma come io ero triste in fondo al cuore!...

Il paziente si fermò ad un tratto.

Ansava.

Poi mandò un grido.

— Ah, mio Dio!...

— Cos’è dunque?

— Ah, le terribili scosse!

— Una tempesta, non è vero?

— Ah sì!... Siamo tutti bagnati.... tutti gridano.... quanti urli.... e che frastuono!

— E voi?

— Io sono nell’acqua. Che tremende ondate! che cavalloni!... Dio, Dio, che freddo e che orrore!...

E il povero mister si agitava tutto, pallido e sudato.

Il dottore gli terse la fronte.

— Andate pure avanti, seguitate a ricordare.

— Ci raccolgono in una barca.... Siamo in otto o dieci, ma in che stato!... Io sono mezzo morto dal freddo, dall’acqua inghiottita e dalla paura!...

— Lo credo bene.

— Entriamo nel porto.... un bel porto grande....

— Come si chiama?

— Marsiglia.

(Io ascoltavo sempre e tacevo).

— Marsiglia, sta bene. E poi?

— A Marsiglia vengo ricoverato.... Siamo in un grande laboratorio, mi fanno lavorare. Mi domandano spesso il nome.... ma è inutile non posso ricordarlo.

— Ecco il primo attacco del male! – mormorò sottovoce il dottore.

— Allora mi danno quelle del fondatore del pio luogo.

— Cioè?

— Pietro Fournier.

— Pietro Fournier! sentite? – mormorò volto a me il dottore.

— Andiamo avanti.

— Io vado alla scuola del pio istituto.... faccio progressi! Studio sempre.... mi chiamano a fare il soldato. Ma sono troppo debole.... non valgo niente.... non mi vogliono.... mi riformano! Allora m’impiego in una Banca....

— Che Banca?

— La Banca Raviol e C.!

— Affrettiamoci perchè il paziente comincia a stancarsi – mormorò il dottore.

E volto a lui:

— Quanto tempo siete stato impiegato in questa Banca?

— Tre anni.

— Va bene. E poi?

— Un giorno vado al Porto.... C’era una grande nave che partiva. Mi prende l’estro di salirvi anch'io, in mezzo ai tanti viaggiatori che partivano. Sul ponte m’appoggio al parapetto e mi metto a guardare le manovre della partenza. Ecco, alzano le catene! Il bastimento si muove!... Partiamo.

— E voi?

— Io sto a veder a partire il bastimento....

— E voi partite con esso!

— Proprio così! Dopo qualche tempo qualcuno mi domanda il nome. Non lo ricordo. Mi si porta dal Capitano. Non so più nulla! Chi sono? Non lo so. Che cosa faccio? Non lo so. Ho pagato il biglietto di viaggio o no? Non ne so niente! Ho dimenticato tutto! Sono un uomo nuovo, come un uomo nato in quel momento!...

— Il secondo attacco del male! – mormorò il dottore.

— Il Capitano mi dichiara: «un povero scemo» e mi lascia stare. Si arriva in America.... in una grande città....

— Nuova-York.

— New-York. I miei compagni di viaggio italiani mi portano in una taverna.... mi presentano ad un sensale d’impieghi.... Ma io non ho soldi. Lontani dalla patria gl’italiani divengono di cuore! Lo pagano per me. Egli mi fa conoscere e mi raccomanda ad un buon vecchio signore che vive solo e che ha bisogno di un giovane docile e buono....

— Mister Stevens – suggerii al dottore.

— Mister Stevens – disse egli forte.

— Mister Stevens – ripetè l'addormentato. – Egli mi prende con sè... mi conduce a Nuova-Orleans....

— Basta – disse il dottore – il resto ci è noto ormai.

— Avete sentito? – disse quindi rivolto a me. – Possiamo svegliarlo.

E soffiò a più riprese leggermente sul volto dell’addormentato.

Questi aperse gli occhi.

Il dottore gli fe’ aspirare una piccola fiala che trasse dalla tasca.

— Ebbene? – domandò mister riacquistando la coscienza e guardandosi attorno.

— Sappiamo tutto ormai! Non m’ingannavo. Voi avete saputo ricordare a dovere!...

— Ricordare?

— Sì, poichè anche voi, a momenti, quando vi sarete un poco riposato, saprete tutto. Intanto vi dirò subito che il vostro non è altro che un raro o curiosissimo – ma non tanto infrequente quanto si crede – caso di completa amnesia, replicata, a diversi periodi. L’amnesia, cioè la completa perdita della memoria, presenta anche questo strano fenomeno. Voi avete perduto una prima volta la memoria durante il naufragio che fra poco ricorderete, risentendolo riferito per mezzo del fonografo che durante la nostra, dirò così, intervista, non ha cessato di agire e di raccogliere le vostre parole. Dopo il naufragio voi avete incominciato, a Marsiglia, un nuovo periodo di vita, e da Vincenzo Fiorelli ch’eravate siete divenuto Pietro Fournier, ricoverato dapprima nel pio luogo dello stesso nome quindi impiegato nella Banca Raviol e C. Un bel giorno, sul ponte di una nave sulla quale siete salito per diporto, voi perdete di nuovo la memoria, e con essa completamente la coscienza del vostro essere, del vostro passato, di tutto quanto vi riguarda.... E comincia per voi un terzo periodo di vita! Voi non siete più nè il Vincenzo Fiorelli, nè il Pietro Fournier.... siete un nulla! Finchè la fortuna che protegge i tipi bizzarri e, lasciatemelo dire, anormali come voi, vi fa diventare mister Stevens, ora, noto banchiere a Londra e sposo della più adorabile mistress della City....

— Speriamo che sia l’ultimo periodo – esclamò il povero mister trasognato.

— Ve lo auguro di cuore! – disse il dottore.

— Del resto, ormai, sono qua io che so e che al caso....

— Allora, vi prego – gridò il povero mister alzandosi di scatto – vi fisso subito come mio medico particolare, al prezzo che vorrete....

Il dottore C. sorrise e s’inchinò.

— Ed io accetto – disse.

E voltandosi a me:

— E ringrazio voi, ottimo amico mio, del prezioso cliente che la vostra cara amicizia mi ha procurato.

— Del resto – riprese egli a dire – come ho già detto, il curioso caso di amnesia che qui abbiamo scoperto nel nostro caro mister Stevens, e sul quale mi riserbo di compilare una memoria, è bizzarro, originale, sì, quanto si vuole! ma non tanto straordinario quanto si può credere. Io stesso sono stato testimonio oculare di altri casi....

Il povero mister Stevens, a cui pareva di sognare, lo ascoltava a bocca aperta.

— Ma ora è tempo che anche voi.... vi sentiate una buona volta! – esclamò il dottore.

E preso il fonografo lo pose sulla scrivania, di fronte al buon mister.

E fe’ agire il meccanismo.

E l'istrumento cominciò a far sentire la fioca voce di mister Stevens dormente, che rivelava a scatti e a lievi fremiti la meravigliosa rievocazione della bizzarra sua vita e della strana sua malattia.

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