I.

Ritto, davanti al balcone aperto, Andrea Muraldi contemplava sotto di sè, nel vasto piano che il sole ora tutto animava, la nera distesa di tettoie, d'officine e di fumaiuoli: il Cantiere – il suo regno. Le caminiere gittavano turbini di fumo caliginoso; da sotto i tetti di lamina delle officine saliva il sordo stridore del lavoro, le carrette a mano correvan qua e là, e il vapore faceva sentire il suo pesante anelito cadenzato.

Andrea guardò: ed ebbe un rapido sorriso.

La vita era ritornata là sotto, rumorosa, in quegli organismi d'acciaio che il sonno dell'inerzia aveva tenuti per due giorni immoti; la vita varia e intensa dell'officina era ritornata sotto quelle sconfinate tettoie di zinco che scintillavano al sole; il lavoro – il sangue palpitante della fabbrica – era ritornato, finalmente, dopo due giorni di quiete mortale a far battere poderosi gli stantuffi, a far echeggiare cupamente i magli, a gittar vortici di fumo e di vampe su per le gole annerite delle caminiere slanciate al cielo....

La bufera che sul Cantiere era passata minacciosa e sinistra, era caduta, si era acquetata; la morte che aveva tentato soffocare tutto quel fremito di vita del ferro e del vapore, era stata vinta, allontanata, scacciata.... E Andrea Muraldi – il padrone – finalmente respirò.

– Ho vinto.... ancora una volta! – mormorò.

E la sua bianca testa sessantenne si eresse in un suo consueto, abituale movimento di comando, di volontà e di fierezza; e il suo occhio tornò, paternamente quasi, ad accarezzare il complesso di costruzioni annerite dalla patina del lavoro, che formavano il Cantiere – il suo regno.

– Ho vinto.... ancora! – ripetè.

Ma la vigorosa sua testa alta, nel primo movimento di vittoria e di gioia, non conservò a lungo la sua fiera alterezza....

Essa ricadde, si reclinò: fin quasi a toccare il petto. E così il vecchio rimase, lo sguardo sempre fisso sopra il Cantiere ritornato alla vita. La lotta, in quegli ultimi giorni, era stata acre, brutale: egli aveva vinto – da trent'anni vinceva! – ma il suo corpo doleva dalle ruvide ferite, ancora.

Una specialmente....

Andrea Muraldi sospirò.

Ah! la minaccia del fallimento, la moratoria, lo sciopero – lo sciopero sopra tutto, incitato e alimentato da.... da chi mai avrebbe dovuto, mai! (e il vecchio sospirò, ancora, e la sua testa stanca vieppiù si abbandonò nell'atto scorato) – tutte le minaccie, tutte le morti che s'eran rovesciate in quei giorni sulla sua vecchia testa e sovra il Cantiere – il suo cuore, la sua anima – nulla eran al paragone dell'atroce parola che un altro vecchio – un operaio dalla testa bianca come la sua – un già suo compagno di lavoro, di miseria e di officina – aveva lanciato forte a lui, il giorno dello sciopero:

– Ladro!...

E fra tutti que' volti accesi e bestiali, in quel momento, fra tutte quelle voci irose e rauche, fra tutti quegli occhi minacciosi, egli non aveva più scorto che quel volto pallido di vecchio, quella voce nota e sottile, che sorgeva come un'eco spettrale del passato; quegli occhi biechi che sapevano e che lo fissavano immoti, traforandolo sino al fondo del cuore come una lama d'acciaio

– Ladro!...

Ah! non eran bastati dunque i suoi trenta anni di lavoro assiduo e onesto, di fatiche mortali, di ansie, di energie sovrumane, a lavare la miserabile macchia? La sua nuova vita di lavoratore, di padrone filantropo e moderno, di amico, di padre degli operai a nulla aveva dunque servito?

– Ladro!...

Egli si era sentito serpere nel sangue un gelo mortale che si era fulmineamente cambiato in fuoco ardentissimo che gli era affluito alla nuca, alle tempie, accecandolo quasi, stordendolo; e gli aveva dato un vigore da leone. E tutta la sua gagliardia di vecchio lottatore si era rizzata in lui veemente, con la furia potente e formidabile d'uno de' suoi poderosi magli di ferro....

E aveva parlato a' suoi operai, lui – come loro operaio – e aveva parlato breve, ma sicuro, concitato, ma irresistibile. La bufera delle voci si era acquetata per incanto, la collera in quegli animi era caduta, annichilita, confusa, vinta dalla semplice verità delle parole del padrone....

Così – semplicemente – egli aveva domato la ribellione; così – semplicemente – aveva vinto; perchè tant'anni di lavoro e di forze avevan dato a lui la potenza della verità.... Ma anche ora – mentre sotto di lui nella calda luminosità del sole il Cantiere palpitava e viveva – anche ora quel volto pallido di vecchio consciente, quei due freddi occhi malvagi, eran pur sempre appuntati sopra di lui e quella sottil voce sibilava insistente il suo ghigno:

– Ladro!...

– Ah no! egli....

Andrea Muraldi si battè la fronte, quasi a scacciarne le ombre e la visione. Rimase alcun poco ancora a contemplare il Cantiere, quindi si ritrasse dal balcone e si voltò. Si appressò al suo tavolo, ingombro di carte, di registri, di telegrammi. Gli avanzi, le schegge della battaglia in quei giorni combattuta e vinta. Si sedette e attese.

Da lì a poco la porta dello studio si aperse e un vecchio piccolo, magro, vestito di bruno, entrò. Andò a sedersi, senza dire parola, all'altro tavolino, di contro a quello del padrone, e cominciò ad aprire le lettere che il fattorino aveva accumulate nella sua assenza. Per un momento il silenzio regnò nello studio quieto.

– Mio vecchio Agostini, – disse ad un tratto Andrea.

– Padrone.... – mormorò il vecchio segretario, alzando la testa e interrompendo il suo lavoro.

– Tutto è finito, non è vero?

– Oh, sì.... grazie a Dio, – mormorò l'altro.

– Abbiamo vinto.

– Sì.

– Agostini....

– Padrone....

– Sono stanco.

Il vecchio compagno di lavoro sospirò, e non rispose subito.

– Coraggio, padrone, – mormorò poco dopo.

– Sono stanco! sono stanco! sono stanco! – ripetè scorato Andrea.

Il vecchio segretario alzò la testa e guardò meravigliato il padrone. Quelle parole, e più ancora quello scoramento, per lui che ben lo conosceva, suonavano strane assai e penose.

Il silenzio ritornò di nuovo per qualche momento nello studio. Non si sentiva che il sordo alenare delle macchine del Cantiere che comunicavano il loro fremito anche al piccolo fabbricato ove era posto lo studio del direttore.

– Agostini, – disse di nuovo questi.

– Comandi, padrone.

– E del giovane Savello?...

– Padrone, ho fatto quanto mi avete ordinato.

– E siamo riusciti in tempo?...

– Oh sì, in tempo.

Il vecchio Agostini proferì queste parole abbassando la testa, con un sospiro.

Andrea lo guardò, stette alquanto sospeso, poi mormorò:

– Comprendo quanto tu vuoi dire, Agostini, ma....

– Ah, padrone.... – cominciò il vecchio, ma non finì.

– T'intendo, sai, mio vecchio amico; tu vuoi dire ch'egli.... è indegno di quanto io faccio per lui. Ma.... tu sai tutto!

– Oh sì! – rispose il vecchio Agostini.

Andrea riprese:

– Speriamo che sia l'ultima.

Il vecchio si strinse le labbra in segno eloquente.

– Oh no, no, non temere.... provvederò io.

Il vecchio alzò la testa e disse:

– Padrone.... mi lasciate dire una cosa?

– Di' pure.

– Siete stato grande, voi, in questi giorni.

– Bah! – fece Andrea scuotendo le spalle.

– Ah sì, lasciatemelo dire. In questi giorni terribili, fra tante ansie, tanti fastidi, voi non avete avuto che un pensiero: lui! Voi avete trovato il tempo di.... sapere, e avete voluto e saputo.... salvarlo!

– Oh, Agostini....

– E lui è indegno di voi.... perdonatemi; ma è tanto lontano da voi!

– Taci, Agostini.

E Andrea mormorò a bassa voce:

– Tu non sai.... tutto.

E la visione del vecchio operaio imprecante riapparve vivida alla sua coscienza.

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